E’ stato presentato ieri a Milano il primo libro della Famiglia Cerea, un volume imperdibile per scoprire ricette e frammenti di vita di una delle più importanti dinastie della ristorazione italiana.
Da Vittorio fu il primo ristorante di pesce a Bergamo. Strano, cinquant’anni fa, pensare che un ristorante di pesce del nord Italia sarebbe diventato tra i migliori del mondo. Un tempo, infatti, il pesce si mangiava il venerdì o come “punizione”. Si tratta solo di una delle tante idee innovative di Vittorio Cerea, capostipite di una dinastia che oggi, grazie alla moglie Bruna e ai figli, ha creato una delle realtà della ristorazione italiana più apprezzate nel mondo, sulla cresta dell’onda da oltre 50 anni. Era quindi arrivato il momento di raccontare la propria storia con un libro che raccogliesse ricordi, ricetti e frammenti di vita.
Il libro “Da Vittorio: Storie e ricette della Famiglia Cerea” – edito da Mondadori – è appena uscito e incontrerà sicuramente l’apprezzamento di gourmet e non solo. Non manca una versione internazionale distribuita in 70 Paesi nel Mondo.
Una curiosità: tra i tanti vip che la famiglia Cerea ha avuto il piacere di avere alla sua tavola in questi anni c’è stata anche, nel 2000, la Regina Elisabetta: in quell’occasione la Regina chiese il bis del loro mitico risotto, rompendo l’etichetta.
“Non capita tutti i giorni di pubblicare l’eccellenza della cucina italiana – Stefano Peccatori, Publisher di Mondadori Electa -. Ringrazio i Cerea per come hanno voluto raccontarsi, per come ci hanno aperto le porte del loro ristorante e per la passione con cui si sono spesi in quest’avventura”.
“Ci sono tanti cuochi. Poi ci sono quelli che piacciono a me, cioè i cuochi veri – dice Angela Frenda, giornalista del Corriere della Sera -. Questo libro è importante perché racconta prima di tutto l’importanza della famiglia in quanto, le ricette, sono in primo luogo ricette di famiglia. E poi è la storia di una famiglia che è riuscita a fare impresa, unendo tradizione e innovazione. I Paccheri alla Vittorio ne sono un simbolo”.
“Il libro è una storia d’amore che lega ogni componente della famiglia a Vittorio, il capostipite – dice Mapi Danna, l’autore -. Mi ha colpito Bruna, la moglie di Vittorio e madre di famiglia, quando mi disse che il suo ricordo più bello era la paura, una paura che comprende il coraggio, quando non sai se ce la farai ma sei pieno di speranza e di voglia di fare”.
Enrico e Roberto oggi sono in cucina, Francesco segue la parte di business e gli eventi esterni, Barbara e Rossella, curano con amore l’accoglienza del ristorante.
“Il papà ci mandava nelle più grandi cucine del mondo per apprendere l’arte e mestiere, come si faceva una volta – racconta Chicco Cerea -. Papà era talmente semplice che ci veniva a prendere a scuola nel giorno di riposo obbligatorio. Il mercoledì per noi era salire in città alta e pane burro e acciuga alla trattoria La Colombina. Questa era la nostra domenica. Inoltre ci ha insegnato ad essere sempre al passo con i tempi, perché se non stai al passo con la tecnologia avrai paura del presente”.
Oggi i Cerea riescono a fare una cucina stellare in un deserto, in riva al mare o in cima al grattacielo, sempre facendo la spesa sul posto, come forma di rispetto per l’ambiente.
Da Vittorio è un ristorante dove è sempre Natale perché ogni giorno si trovano le migliori materie prime, freschissime.
“Quando mi hanno proposto questo lavoro, ho accettato subito perché mi sembrava una avventura straordinaria raccontare in immagini questa bandiera dell’Italia all’estero – spiega Giovanni Gastel, fotografo di moda e ritrattista – Ho capito che il successo non è fatto di una componente sola. Ho scoperto che il metodo Cerea si compone di immensa professionalità, umanità, simpatia e nessuna boria. I Cerea sono un equilibrio di forza e di dolcezza insieme. Le loro cucine sono orologi svizzeri, ma il sorriso e il calore non mancano mai. Loro hanno capito che un ristorante non è un posto dove si mangia e basta, ma un luogo dove star bene e infatti le tavole, i fiori, gli ambienti, l’estetica di ogni cosa sono curati al massimo. I piatti, inoltre, sono bellissimi ma mai leziosi. È stato molto facile fotografare, ma difficile selezionare”.
“Il papà è stato soprattutto un grande sognatore – dicono i figli – altrimenti non saremmo qui a raccontare questa storia”.
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