Qual è il prezzo da pagare per la notorietà? Quali gli obiettivi di uno chef dopo aver raggiunto il successo? Ne parliamo con lo chef Giuseppe Costa in occasione della presentazione del suo libro dedicato alla Sicilia.
Non è stata, di certo, la ricerca della notorietà a spingere lo chef stellato Giuseppe Costa, siciliano e patròn del ristorante il “Bavaglino” a Terrasini, non distante da Palermo e di “Dispensa”, a scrivere un libro.
“Sicilia d’A-mare”, questo il titolo del testo, vuole essere, piuttosto, una sorta di “ricognizione” di ciò che è stato fatto fino ad ora per divenire un nuovo punto di partenza. Anzi, di ri-partenza, se si considera il delicato momento che sta attraversando la ristorazione a causa dell’emergenza sanitaria globale.
“Gli chef non possono permettersi di stare fermi anche quando sembra che lo siano.” – spiega Costa.
“Il prezzo da pagare per la notorietà è rappresentato dall’essere continuamente sotto i riflettori e non poter commettere degli errori. Non avrei mai pensato di potere scrivere un libro. Quando mi è stato proposto, oltre a esserne lusingato, mi sono accorto che, in realtà, avevo tanto da dire. Le parole sgorgavano spontanee come un fiume in piena, quando rompe gli argini che prima lo contenevano”.
Inizia con queste parole la presentazione del libro di chef Costa che rappresenta una boccata d’aria fresca in grado di rinsaldare il concetto della “mission” del cuoco che, oggi, appare ridotta ai minimi termini di mero “preparatore di pasti”.
“Sicilia d’A-mare” in questo modo, oltre ad “alzare l’asticella” contribuendo -perchè farne mistero – ad accrescere la celebrità e autorevolezza dello chef, vuole essere un atto d’amore per il proprio lavoro. Ma soprattutto per l’Isola dove lavora e dove ha costruito una vera e propria “fortezza” di sapori e prodotti isolani difficile, se non impossibile, da espugnare.
Molto più che un volume di ricette e di foto. Sfogliando le pagine è facile scorgere un raffinato racconto che si articola con originalità attraverso l’affascinante storia della Sicilia, così fortemente segnata dalle sue innumerevoli dominazioni, dai greci ai saraceni, dai normanni agli spagnoli. Secoli e secoli di storia e di intrecci di ogni tipo di cui è inevitabilmente intrisa la cucina.
“In ogni cucina, in cui io sia stato, in Italia e all’estero, c’era sempre un ingrediente di origine siciliana e un piatto che ricordava le nostre tradizioni. Allora ho compreso che la Sicilia era il posto in cui dovevo tornare per restare. Così ho dato un senso alla mia nostalgia e uno scopo alla mia vita. Ovvero valorizzare la ricchezza della mia terra con gli strumenti appresi altrove” ci racconta Giuseppe Costa.
Tra mare e terra, le ricette proposte, di cui alcune inedite, viaggiano tra ingredienti sicilianissimi che trovano nella creatività delle mani sapienti una nuova identità che, tuttavia, ne onora le origini e ne cristallizza la memoria.
Dall’arancina di cous cous al “falsomagro” di pescatrice. Dallo gnocco ai tenerumi allo sfincione “cremoso”. Sono tutti piatti in cui lo chef si diverte a giocare con i grandi classici della tradizione siciliana reinventandoli con ingredienti insoliti e mai banali.
Non mancano anche omaggi alla classica cucina italiana come nel caso dell’amatriciana di seppie, “[…un piatto della cucina classica romana, qui interpretato in chiave marina con le seppie in accompagnamento al guanciale. I tonnarelli utilizzati in sostituzione dei tradizionali bucatini sono realizzati con un impasto bianco e lavorati a macchina. Il tocco dato dalle uova di seppia in bottarga completa il piatto sia nell’intensità del gusto sia nell’estetica. La marinatura con la pasta di fagioli serve ad amplificare il sapore e l’affumicatura…]”.
Una cucina speziata e fortemente identitaria, quindi, quella di Costa che conclude: “Nei miei piatti, prima si sente il profumo, poi il sapore. Le spezie non possono mai mancare, come le cotture lente dove anice stellato e cardamomo avvolgono e inebriano. Il mio compito è far conoscere la mia terra, esaltare il territorio dando lustro ad un sapere dall’identità antica. Attraverso la ricerca di coloro che ne sono i custodi, io valorizzo la tradizione; con l’impiego della tecnica raffinata che ho appreso dai migliori la esalto. È questa la mia cucina pensata” .