A casa dell’ambasciatore Renato Mosca de Souza una cena con cocktail pairing ha traghettato i commensali attraverso i sapori fin nello stato di Minas Gerais. Una meta turistica da scoprire visitando le chiese barocche Patrimonio Unesco di Ouro Preto e assaggiando la cucina regionale. <<Una delle dispense culinarie più sostenibili del mondo perché si mangia quello che viene piantato, che cresce nel territorio>>, raccontano gli chef Edson Puiati e Ronie Peterson protagonisti della cena placée.
Riparte da un’esperienza di gusto all’ambasciata del Brasile a piazza Navona a Roma, la promozione in Italia dello sconfinato Paese sudamericano come destinazione attrattiva per il turismo. Un primo assaggio dell’affascinante terra oltreoceano nel segno di una autentica “comida mineira”, sinonimo di una delle migliori cucine regionali della nazione carioca, abbinata a un cocktail tasting capace di valorizzare ogni singola portata.
A realizzare con un tocco creativo personale piatti e drink per gli ospiti dell’ambasciatore Renato Mosca de Souza, sono stati gli chef Edson Puiati e Ronie Peterson e il mixologist Victor Quaranta, arrivati direttamente dallo stato di Minas Gerais. Una cena placée nel cuore della storica dimora impreziosita da sale affrescate e porte di specchi, arredi d’epoca e vista mozzafiato, che ha preso il via dopo un calice di Kir surreal come benvenuto.
Un interessante welcome drink a base di shrub di jabuticaba, spumante brut e timo fresco, per una reinterpretazione del cocktail classico con liquore di cassis e sciroppo dolce e acido di jabuticaba. Un frutto, quest’ultimo, che esplode in bocca, nero fuori e bianco dentro, e che nella terra brasiliana è da sempre un ingrediente apprezzato per realizzare marmellate, liquori e distillati.
Mentre una band di musica bossa nova scalpitava per traghettare i commensali nelle atmosfere brasiliane con le sue sonorità, sono intanto sopraggiunti i saluti dell’ambasciatore, con elogio personale delle bellezze di Minas Gerais, territorio che è il doppio, per estensione, dell’Italia, con i suoi 853 comuni. Su tutte, le chiese barocche di Ouro Preto, Patrimonio mondiale dell’Umanità Unesco, ma anche le testimonianze del passato coloniale e minerario, in quello che fu il centro della corsa all’oro. E poi, il suo caffè di assoluta qualità che proviene da una cultura rigenerativa, in una regione che è la maggiore produttrice di oro nero del Brasile. All’Italia ne spedisce il 30 %, dopo aver destato interesse anche in Ernesto Illy.
Non da meno è la cucina locale, una sostanziosa e abbondante “comida mineira”, i cui piatti più apprezzati sono il “tutu à mineira” (purea di fagioli con lonza di maiale arrosto, cavolo e uova sode) e il “feijāo tropeiro” (fagioli con farina di manioca tostata, cotenna di maiale e salsiccia). L’affascinante rilettura di piatti della tradizione ha previsto come couvert una crocchetta di pollo con ora e marmellata di pepe e biscotto polvilho con jiló e coriandolo, in abbinamento al Minas spritz, shrub di jabuticaba aperol, prosecco e arancio.
Un cocktail che unisce Brasile e Italia, dove l’Aperol spritz nostrano accoglie il tocco della jabuticaba. L’entrada è stata una pamonha di mais con ragù di salsiccia e fonduta di pequi, accompagnata in abbinamento al Bianco Negroni Pequi, a base di gin, vermouth bianco secco, liquore di pequi, angostura Orange e fiore d’arancio. Una veste “mineira” del Negroni, grazie al pequi, inizialmente usato in cucina con riso e pollo per esempio e ora anche nei cocktail per dare loro personalità e profumo. Il piatto principale conteneva invece la pancetta di maiale laccata con marmellata di latte, bevuto di tutu e cipolla chutney con pancetta, in abbinamento alla Coda di gallo (dall’inglese cock tail), a base di cachaça invecchiata e amburana affumicata, liquore italiano Amaretto, vermouth rosso e sciroppo di budino con fiore di sale, decorato con marmellata di latte. Un drink che arriva in Brasile negli anni Cinquanta del secolo scorso come alternativa al Negroni italiano. Una bevanda che rappresenta Minas Gerais, soprattutto se l’invecchiamento passa per le botti come la cachaça Amburana.
Dulcis in fundo è stato offerto il dessert. Un riso dolce con marmellata d’arancia (brûlé), accompagnato dal Contagem das abóboras, con liquore al limone, sciroppo di zucca, spumante demi-sec e arancia. Come un Bellini veneziano, ma senza pesche bianche, il cocktail prende il nome da Contagem, una città metropolitana di Belo Horizonte importante in passato per il conteggio del bestiame e delle piantagioni da parte dei bandeirantes, comprese le zucche.
<<Se da una parte è andata in scena la cucina di Minas “tropera”, che trae origine dal cibo degli esploratori a cavallo che, tre secoli fa, dovevano portare con sé provviste secche capaci di mantenersi nel tempo senza rovinarsi, dall’altra è stata omaggiata la cucina di campagna, con le aziende agricole produttrici di una delle dispense culinarie più sostenibili del mondo perché si mangia quello che viene piantato, che cresce nel territorio>>, raccontano gli chef Edson Puiati e Ronie Peterson, aggiungendo: <<La cucina italiana ha sempre influenzato la nostra e ci ha lasciato una grande eredità. Si dice che la migliore cucina del Brasile sia a Minas Gerais. Per il momento, però – avvisano i due maestri dei fornelli – perché vogliamo diventare i migliori del mondo>>.
E mentre ci si congedava, sono andati a ruba come souvenir della serata i porta-tovaglioli realizzati con una pianta sempre viva del territorio carioca protagonista della scena. È patrimonio immateriale dello Stato e nasce tra le pietre, un ambiente ostico. A raccoglierla sono le donne e il suo fiore bianco è talmente grazioso che si ritrova protagonista in tanti oggetti di artigianato locale e dopo la cena a casa dell’ambasciatore, anche in alcune case romane.