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Ristoranti chiusi: la reazione degli imprenditori milanesi

ristoranti chiusi

Stellati e ristoratori di Milano, il punto sulla chiusura temporanea

Tutti i ristoranti chiusi, in tutta Italia. A Milano forse se lo aspettavano più che in altre zone d’Italia, essendo stata dichiarata zona rossa da più tempo. E comunque tutti i ristoratori sembrano approvare la scelta presa dal governo, per fermare al più presto questa pandemia e tornare a lavorare serenamente.

Già qualche giorno fa il neonato Comitato Ristoratori Responsabili di Milano (ve ne avevamo parlato qui) aveva manifestato l’idea di chiudere totalmente i locali, con qualche perplessità riguardo ad alcuni aspetti che il nuovo decreto non tocca.

“Non si contempla la possibilità di poter effettuare il delivery anche oltre le ore 18, misura questa che potrebbe almeno mitigare l’effetto crisi per alcune tipologie di attività che lavorano soprattutto alla sera”.

Ora non ponendosi più il problema dell’orario, rimane quello del delivery. I ristoratori e i loro dipendenti possono andare nei loro ristoranti per cucinare e appoggiarsi ai delivery? Possono organizzarsi per un delivery proprietario e che regole devono tenere i dipendenti che gireranno per la città per le consegne? Si può cucinare negli spazi di una cucina standard, in media a meno di un metro di distanza? Forse solo con il delivery i ristoranti potranno superare questo momento critico e non licenziare i propri dipendenti. Oltre a queste domande il Comitato chiede l’istituzione di un fondo di emergenza per le imprese in difficoltà; una cassa integrazione in deroga per i prossimi tre mesi per i dipendenti del settore; la sospensione degli oneri tributari per i prossimi 3 mesi, compresi quelli comunali (COSAP e altri), e delle bollette; la sospensione della moratoria per il credito bancario.

Abbiamo intervistato ristoratori, stellati e non, per capire cosa ne pensano di questa nuova svolta e quale sarà la loro risposta al nuovo ultimo decreto.

Luigi Taglienti di Lume (1 stella Michelin): “Affrontiamo la situazione in maniera intelligente e proiettata al futuro. Credo che chiudere le attività possa essere la scelta più giusta, come Italia stiamo dando anche un senso di collettività corretta e spero che tutto questo sia propositivo per il futuro. Non piangiamo quindi sull’oggi ma stiamo investendo. Spero che le istituzioni si rendano conto che il sistema ristorazione ha bisogno di un forte supporto per ripartire”.

Tommaso Arrigoni di Innocenti Evasioni (1 stella Michelin): “Abbiamo effettuato l’ultimo servizio lo scorso sabato sera e poi abbiamo autonomamente chiuso perché siamo aperti solo alla sera. Sono molto favorevole per questo decreto e noi già dai giorni scorsi ho mandato a casa i miei dipendenti e con la mia famiglia siamo chiusi in casa. Penso sia la cosa migliore da fare per prevenire il diffondersi della ormai pandemia. Non penso che le misure siano troppo restrittive, ma necessarie per tornare alla normalità”.

David Ranucci di Giulio Pane e Ojo, Casa Tua, Abbottega e Pizzotella: “Era prevedibile e giusta la chiusura. Rimprovero però al governo che ha dato un’indicazione di chiusura immediata ma non ha previsto una subitanea soluzione e copertura del grave danno economico che subiamo. Non abbiamo nessun tipo di garanzia sul futuro e non viene tutelato quel 20% di dipendenti che mi chiedevano un anticipo sullo stipendio per mantenere la famiglia, è un problema sociale di proporzioni enormi”.

Tunde Pecsvari di Osteria Brunello e Macha Caffè: “Sono assuntamente favorevole alla nuova norma: sin da subito abbiamo adottato tutte le precauzioni necessarie per salvaguardare la salute dei nostri clienti e dello staff. Abbiamo chiuso i nostri ristoranti in anticipo: da domenica 8 marzo per Osteria Brunello e da martedì 10 marzo per tutti i punti Macha Caffè. Con Macha siamo attivi con il delivery gestendo tutto da un unico laboratorio che rispetta tutte le norme previste dalla legge, eravamo già attrezzati in tal senso. Mi sento di dire che andrà tutto bene”.

Federica Caretta, proprietaria di Insieme Restaurant: “Siamo chiusi da domenica con qualche giorno in anticipo sul decreto, una forma di tutela necessaria per lo staff e per i nostri clienti. Ho sempre pensato che chiudere dopo le 18 non fosse il modo di tutelare appieno la società. Abbiamo messo in prima linea il nostro senso civico e disdetto numerose prenotazioni. Spero però che ora il governo si attivi per tutelare noi ristoratori, le piccole imprese come noi e i nostri dipendenti”.

Milena Vio di Valhalla, tra i promotori del Comitato Ristoratori Responsabili: “Non abbiamo chiuso già domenica scorsa dato che il nostro ristorante lavora solo alla sera. Non voluto convertirci al delivery perché che il virus può essere asintomatico, abbiamo quindi il timore di poter diffondere il contagio tra noi e attraverso i cibi che potremo consegnare. Meglio avere delle misure drastiche subito come la chiusura totale, piuttosto che rimanere chiusi per un periodo maggiore che non possiamo permetterci, anche se è molto impegnativo in termini economici per noi piccoli imprenditori”.

Leone Marzotto, Vice-chairman and CEO di Peck: “Questo è un momento straordinario in cui la salute pubblica viene prima di tutto. Ciascuno di noi, impresa o individuo, può contribuire alla soluzione del problema. Peck è sia gastronomia, quindi vendita di alimentari, sia ristoranti. La prima svolge un servizio essenziale, ragion per cui la responsabilità si esprime nel garantire il servizio, ma con modalità che rendano la spesa più sicura e soprattutto incentivando il più possibile la consegna a domicilio, che riduce lo spostamento delle persone. Per quanto riguarda i ristoranti invece li abbiamo chiusi tutti e abbiamo aderito da subito al Manifesto dei Ristoratori Responsabili. Non ci siamo limitati a recepire le prescrizioni dettate dalle autorità ma abbiamo adottato criteri ancora più stringenti. La norma prevede che l’ingresso sia contingentato in modo che sia consentito ai clienti di mantenere una distanza tra le persone di almeno un metro. Da Peck viene consentito l’accesso ad un numero massimo di clienti tali per cui la distanza tra le persone sia di almeno 2 metri. Limitando così ad un quarto il numero di ingressi rispetto a quanto consentito dal decreto. Nello storico negozio di via Spadari – grazie anche alla crescita dei servizi di consegna a domicilio che abbiamo implementato – registriamo un numero di ingressi più basso, che consente una distanza ancora maggiore. L’intervento più efficace però è stato quello di contattare la nostra clientela promuovendo il servizio di consegna a domicilio. In questi giorni ci stiamo adoperando per renderlo ancora più efficiente. Da sabato 14 marzo saremo in grado di consegnare gratuitamente in tutta Milano, entro tre ore dall’ordine, spese che pesino meno di 5kg per ordini a partire da 50 euro. Oltre ai controlli delle Autorità Sanitarie, Peck ha un Responsabile Controllo Qualità interno, il cui lavoro consiste nel verificare quotidianamente il rispetto delle procedure, anche con controlli a campione”.

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