Tra le colline verdeggianti del Veneto, dove le vigne si sviluppano su terreni impervi, produrre il Prosecco Superiore Docg è un lavoro estremo ma la fatica viene ripagata da bottiglie che, lasciate invecchiare, possono esser paragonate allo Champagne.
Lasciamo da parte tutto quello che ci hanno raccontato sul Prosecco fino a oggi, un vino da bere giovane, facile, adatto a un aperitivo veloce e senza pretese. Il nuovo progetto di alcuni viticoltori è quello invece di farne un prodotto molto più strutturato, capace di invecchiare fino a dieci anni senza problemi e acquistando, anzi, nel tempo, profumi e sentori nuovi oltre a una raffinatezza da grande spumante. Così elegante che c’è chi – come Sandro Bottega dell’omonima cantina che ha i vigneti tra Vittorio Veneto e Conegliano – si spinge a paragonare le sue annate più vecchie addirittura allo Champagne.
Sicuramente tutta l’area nella quale viene prodotto il Prosecco Superiore Docg è una delle più belle del mondo, tanto da essere dichiarata patrimonio dell’Unesco. Qui ci si perde tra colline interamente coperte di vigneti, in un paesaggio mozzafiato che vale un viaggio, da percorrere con ritmi lenti, fermandosi tra cantine di piccoli produttori e ristoranti e bistrò dove deliziare il palato con i prodotti della tradizione veneta che ben si abbinano a questo vino, dall’onnipresente – e deliziosa – sopressa al baccalà mantecato.
La zona di viticoltura
Ma questa è anche una zona dove la viticoltura ha sempre messo a dura prova l’uomo: le vigne si sviluppano su terreni ripidi e la raccolta può essere fatta solo a mano con le cassette che vengono portate in spalla oppure servendosi di piccole rotaie che vengono montate al momento della vendemmia. Un lavoro che diventa ancora più “estremo” nelle piccole zone nelle quali si produce il Cartizze, la “versione” più pregiata del Prosecco Docg, dove ci si trova davanti a veri e propri “muri” verticali di vigne, ma con un colpo d’occhio mozzafiato.
Inoltre con i suoi 9000 ettari complessivi l’area del Prosecco Docg Superiore è quella dove si produce il vino spumante più raro del mondo: nessun’altra ha una estensione geografica così piccola. E per completare il confronto con lo champagne qui ci troviamo di fronte a un estratto secco (quello che banalmente dà il corpo a un vino) superiore a quello del più blasonato vino francese.
Dall’uva alla bottiglia
Ovviamente per avere un Prosecco che può superare agevolmente il decennio in bottiglia occorre una maggiore attenzione sia nella produzione sia nella raccolta dell’uva, partendo sempre e solo da vigne comprese nella Docg. Così, ad esempio, la cantina Bottega per la linea “Prosecco Premium Vintage Collection” utilizza una selezione di singoli vigneti nelle parcelle più vocate con uve coltivate all’insegna della sostenibilità e vendemmiate solo manualmente al momento della loro perfetta maturazione.
Segue una criomacerazione prefermentativa, per salvaguardare tutta la carica organolettica dell’uva che servirà proprio a darle la capacità di invecchiare e un affinamento in nuove autoclavi “orizzontali”. A questo punto seguono lunghi tempi di fermentazione (fino a 12 mesi, laddove il Prosecco arriva normalmente a 1 mese circa), per ottenere vini con espressioni organolettiche differenti a seconda delle singole annate e dei diversi cru.
Infine per preservare il vino negli anni vengono utilizzati tappi realizzati al 100% in sughero di Sardegna e sottoposti preventivamente a un procedimento brevettato da un’azienda specializzata in grado di segnalare l’eventuale presenza del famigerato sapore di tappo.
Le caratteristiche aromatiche
E all’assaggio le annate storiche della cantina Bottega hanno confermato un’evoluzione che avvicina assai il Prosecco ai grandi spumanti metodo classico, partendo dalla più vecchia, la 2013, davvero elegante fin dal colore, un bellissimo giallo dorato, e con un perlage finissimo. La particolarità è che si perdono le aromaticità caratteristiche del Prosecco – sentori di mela, pera, glicine – per virare verso un sorso più morbido con note di frutta tropicale, miele ma con una sapidità finale che rimette tutto in equilibrio. Un po’ più “piatta” l’annata 2014 mentre nella 2015 si ritrova la stessa eleganza della 2013, così come nella 2016.
Per tornare al mondo dei sapori e profumi del Prosecco al quale siamo abituati bisogna arrivare alla 2020 (che comunque ha già quattro anni sulle spalle) dove si riconoscono le classiche note di mela, pera e glicine.
Gli abbinamenti? Dai formaggi stagionati con la più “anziana” del gruppo, la 2013, passando al baccalà mantecato per la 2016 fino alle ostriche o alle capesante della laguna di Venezia. E la sfida allo champagne è servita.