Mixology, design, sostenibilità e finalmente anche food. La Fesseria sbarca a Chiaia. Carmine Angelone, tra i patron, ci racconta l’evoluzione del progetto.
Torniamo velocemente al 2017, quando quattro amici – tra cui Carmine, il nostro interlocutore – aprono il loro primo cocktail bar a pochi passi da Piazza San Domenico Maggiore, a Napoli. Bancone bar e qualche sgabello: ‘na fesseria, appunto, che in dialetto partenopeo sta per sciocchezza, una cosa da poco. In ambito mixology, bancone e sgabello talvolta sono tutto ciò che serve, purché le bevute siano di qualità.
E questo è sempre stato il loro marchio di fabbrica: miscelazione semplice, ma di alto livello. Con una passione travolgente per tutto ciò che è street. Nessuna prosopopea o desiderio di esclusività, al contrario: in un momento in cui molti si chiudono nelle lobby, La Fesseria è sempre più aperta alla strada. Un concetto che finirà per abbracciare la street-art ospitata nei locali, l’immediatezza degli arredi e, finalmente, anche la proposta food dell’ultimo locale aperto nel quartiere Chiaia.
Ma arriviamoci per gradi, i contenuti sono solidi, la storia è carina e merita di essere raccontata. E che ognuno possa trarne l’ispirazione che cerca.
La nuova apertura
Via Bisignano, a pochi passi da Piazza dei Martiri: il nuovo locale è ampio, con tavoli per consumare anche sul posto, ma il bancone resta l’altare, la calamita di tutti gli appassionati. Soprattutto perché ci metti un minuto a capire che, lì dentro, i ragazzi si stanno impegnando a raccontare la loro storia, una storia vera. Continuando a credere in quello che, fin dall’inizio, è stato lo starter della loro ispirazione: la strada.
Carmine Angelone, a nome anche degli altri soci, aiutaci a capire meglio. Qui tutto sembra così autentico, soprattutto coerente. Assaggiamo un drink, guardiamo un quadro appeso alla parete, scegliamo un piatto dal menu. Nulla stride e tutto racconta.
“Questo è il terzo locale del brand La Fesseria, la nostra prima volta a Chiaia, anche se curiamo già il cocktail bar di Galleria Navarra, qui vicino (ne avevamo parlato qui). Abbiamo sempre creduto nella necessità di far tornare il bar alle sue origini, quindi una cosa semplice, per tutti, ‘na fesseria. Qualità e zero orpelli. Oggi siamo in sei, tutti d’accordo nel consegnare un bar che sia punto di ritrovo: semplice e con leggerezza.”
E la vostra mixology?
“Già nel Centro Storico, nonostante l’afflusso selvaggio di turisti, abbiamo tenuto la barra a dritta, offrendo quello che, secondo noi, era la maniera giusta di preparare i cocktail. Abbiamo cercato di fare meglio di quello che si era sempre fatto: mi ricordo dei famosi ‘90, gli anni dei prodotti travasati, ne sono successe davvero di tutti i colori. Qui proponiamo i grandi classici e 15 cocktail inediti, creati da noi, analcolici compresi.”
Cocktail analcolici? Quindi non quella sorta di centrifugati di frutta, ma veri drink. Bilanciati, magari anche puntati su acidità e amaro?
“Attualmente abbiamo una carta con cinque drink analcolici e puntiamo ad ampliarla, si tratta di un trend europeo finalmente seguito anche in Italia. Non è detto che analcolico debba significare dolcezza e frutta. Noi, grazie anche ai produttori di liquori e bitter analcolici, riusciamo ad offrire una proposta degna di questo nome.”
Cosa si mangerà a Chiaia?
“Nel Centro Storico non abbiamo una cucina, qui finalmente possiamo completare l’offerta. Il filone è lo street food, non solo italiano, ma anche internazionale. Magari con incursioni partenopee nei piatti delle altre culture. Formato finger-food, veloce, gustoso e dal morso agile.”
La Fesseria non guarda solo sé stessa, ma tutto ciò che la circonda, mettendo in campo scelte coerenti e che siano parte della narrazione.
“Sì, ci crediamo molto. Anche nell’arte, spingiamo la cultura cittadina. Cerchiamo di fare da vetrina ad artisti di strada napoletani, ecco perché siamo così colorati.”
E quelle bottiglie di vino sugli scaffali?
“Non solo drink. In carta abbiamo piccoli vignaioli, anche francesi, ed un inevitabile focus sulla produzione del nostro socio a Nusco, in Irpinia. Con i vini, anche birre che proponiamo soltanto in lattina: è un materiale più riciclabile.”
Dunque, un bar sostenibile?
“Sono sincero, un bar ecosostenibile è un’utopia, ma sicuramente si può evitare di fare le scelte peggiori. Per questo, al vetro, abbiamo preferito le lattine e abbiamo bandito cannucce ed inutili decorazioni. E poi c’è la questione ghiaccio.”
A tutti gli effetti un ingrediente, il ghiaccio è argomento discusso: un solo pezzo molto grande, i soliti cubetti, voi come vi orientate?
“Il pezzo di ghiaccio unico si scioglie più lentamente, ma è anche molto legato alle mode del momento. Poco sostenibile perché, per legge, deve arrivare singolarmente sigillato nella plastica, oltretutto a prezzi esorbitanti. E poi bisogna considerare che c’è chi ha voglia di bere lentamente, quindi anche lasciando diluire leggermente il cocktail, non è mica un dramma. Diciamo che bisogna conoscere bene gli argomenti di cui si parla, da noi le mode attecchiscono ben poco.”
Info utili
La Fesseria – Chiaia
Via Bisignano, 20
80121 Napoli