Mattia Bianchi, stella ottenuta nel difficile 2020 (per l’anno 2021) si racconta attraverso piatti che sono opere d’arte.
Mattia Bianchi lo sa bene. L’arte è il filo conduttore di piatti e della visione di Villa Amistà. A partire dall’imponente salone di ingresso, sovrastato da un gigantesco lampadario Cà Rezzonico in vetro di Murano di
Barovier e Toso, arredi e complementi dei più importanti designer internazionali (tra i quali Gio Ponti, Eero Saarinen, di F.L. Wright, Aldo Rossi, Philippe Starck, Ron Arad, Gaetano Pesce, Anna Gili, Patricia Urquiola, Harrison & Gil, Marcel Wanders, Ettore Sottsass, Luca Scacchetti).
E in questa splendida villa cinquecentesca in Valpolicella, a Corrubbio di San Pietro in Cariano. Il progetto di Byblos Art Hotel, opere d’arte e la moda si riscontra anche nelle cucine. In sala il giovane quanto esperto maitre Giuseppe Grasso, che ha lavorato già alla corte dei Santini, al ristorante Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio, 3 stelle Michelin che rappresentano la storia culinaria d’Italia.
E la novità è il menu del Garden Restaurant, il bistrot di Villa Amistà con
cucina outdoor che in primavera e in estate offre, sia agli ospiti dell’hotel sia agli esterni, la possibilità di pranzare o cenare immersi nella natura rigogliosa che circonda l’elegante villa cinquecentesca, con una proposta più concreta e semplice del ristorante gastronomico.
Abbiamo intervistato Mattia Bianchi per capire la visione di questo giovane stellato, classe 87.
Dessert che parlano di arte
“Dedichiamo un dolce, a rotazione, a grandi artisti moderni, per richiamare il fil rouge con la struttura. Il Cubismo per esempio è dedicato a Picasso o la Fake Campbell’s soup, dolce che ricorda la celebre zuppa di Andy Warhol, in formato dolce”.
Cosa significa aver raggiunto la stella e soprattutto in un anno come il 2020?
“Ne sono fiero, qui cerchiamo di fare una cucina orgogliosamente della Valpolicella, da dove vengo io e tutti i prodotti che trovate in cucina. Mi sento portavoce di un progetto atto a valorizzare i piccoli produttori locali e in particolare collaboriamo con il Bio Distretto Valpolicella. Forse è proprio questa attenzione che ci ha messo sotto i riflettori della Rossa. La stella, è arrivata in un anno diffiicle ed è stata inaspettata, in particolare è stato il primo anno in cui la presentazione non è stata fisica, ci ha dato la carica per ricominciare l’anno con energia”.
Hai fatto il giro del mondo (e si vede anche nei tuoi piatti) perché hai deciso di tornare in Italia?
“Non in Italia, ma a casa, nel luogo dove sono nato. Ho iniziato il mio percorso a Villa del Quar con Barbieri, ma poi sono stato da Cecconi’s a Londra e nel gruppo Soho House ho cucinato per star internazionali e vip. Poi c’è stata l’esperienza in Australia dove ho imparato (e li trovate spesso nei miei piatti) tante tecniche asiatiche. In particolare ho imparato tanto da Matt Moran da Aria Restaurant a Sidney. Ma in Australia non ho mai voluto fare cucina italiana”.
Avete aperto anche il Garden Restaurant, cosa cambia dal precedente “cucina da piscina”?
“Il Garden restaurant è molto più strutturato, non è solo un servizio per gli ospiti che alloggiano da noi o che si godono il giardino, ora è aperto anche agli esterni. Rappresenta le eccellenze del territorio ma è sempre un bistrot e dal tocco famigliare, con cucina a vista, come filosofia si ricollega a quello di Villa Amistà ma qui il prezzo medio è di 40-50 euro”.
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
“Continuiamo in questa direzione, che ci sta dando molto soddisfazione. Avere inoltre uno staff giovane in cucina permette una bella condivisione di informazioni, di confronto, essere a contatto con ragazzi giovani mi dà la carica per arrivare ancora più in alto. In questo momento siamo una meta italiana, ma per la metà frequentata anche da esteri come tedeschi, francesi e inglesi. La mia sfida sarà quella di attirare sempre più abitanti della Valpolicella, per scoprire una cucina gourmet ma fatta con i prodotti del territorio”.