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Lorenzo Carreggio: il nuovo Executive Chef de La Rocca di Arignano

Lorenzo Careggio

La Rocca è oggi sotto la guida dello chef di origini piemontesi Lorenzo Carreggio. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare il nuovo corso della cucina del ristorante di Arignano.

Lorenzo Carreggio ha fatto il suo debutto i primi di ottobre come executive chef de La Rocca di Arignano. Classe 1983, nato a Casablanca ma di origini piemontesi, lo chef ha una cifra stilistica ben precisa, che conferisce un’impronta contemporanea alla tradizione del passato, con un occhio di riguardo al gusto e alla sostanza. Sempre con il supporto dello chef Ugo Alciati, è stato presentato un menu in cui il pesce di acqua dolce ha un ruolo centrale, così come i prodotti del territorio.

Lorenzo Carreggio è cresciuto tra i sapori di Piemonte, Francia e Marocco e ha frequentato l’Associazione Cuochi di Torino e successivamente l’Accademia Niko Romito, apprendendo direttamente da grandi maestri dell’alta cucina contemporanea. Dopo una serie di importanti esperienze presso noti ristoranti d’Italia, come il 3 stelle Michelin Reale a Casadonna e Spazio Niko Romito, e l’apertura del ristorante Eragoffi nel 2018, Lorenzo Carreggio ha accettato la sfida proposta dalla Rocca di Arignano, cimentandosi nella gestione della cucina de La Locanda della Rocca.

Abbiamo intervistato lo chef per scoprire ulteriori dettagli sulla sua cifra stilistica e sulla nuova esperienza presso La Rocca di Arignano.

Come sarà il nuovo corso de La Rocca di Arignano?

“Il nuovo corso che abbiamo intrapreso intende incentrarsi sugli eventi, pur mantenendo l’attenzione su La Locanda della Rocca il venerdì a cena, il sabato tutto il giorno e la domenica a pranzo. Quello che propongo è un cibo buono che affondi le radici nella tradizione e nel locale, un aspetto che mi rappresenta molto come chef e che è importante anche per la proprietà. Nello stesso tempo, intendo interpretare la tradizione in chiave più accattivante e appetibile. Importante è il ruolo giocato dal pesce, unicamente di acqua dolce per il contesto geografico, e dai prodotti del territorio. Il menu è stato presentato il primo ottobre e speriamo sempre di migliorare”. 

lorenzo careggio
Tra le tue diverse esperienze stellate, quale ti ha formato di più e perché?

“Tutti gli incontri mi hanno formato, nel bene e nel male. Tra le stellate, sicuramente, quella che ha lasciato un segno profondo, aprendo la mia mente, è stata l’esperienza presso l’Accademia Niko Romito all’età di 32 anni. Qui ho avuto l’opportunità di imparare da uno dei più grandi maestri dell’alta cucina contemporanea, con il quale sono riuscito ad accumulare esperienze tra Roma, Milano e Castel di Sangro, rispettivamente negli Spazio Niko Romito e nel 3 stelle Michelin Reale a Casadonna. Lui è stato in grado di incidere sulla mia visione della cucina e dei piatti, è stato determinante nella pulizia dei gusti, nel far comprendere la non necessità di riempire il piatto di ingredienti. Ha insegnato l’importanza del sottrarre, più che del sommare.

La frase che veniva più pronunciata era questa: “Se un piatto funziona, prova a togliere qualcosa”. Se funziona lo stesso senza quel qualcosa, vuol dire che è ancora più giusto, perché, con meno elementi, sei in grado di veicolare lo stesso gusto al quale intendi arrivare. Mi ha colpito molto questo approccio più pensato e anche più vicino alle mie corde. Sono andato lì per cercare di capire come potevo diventare un cuoco. Da quel momento, è stata una continua crescita”.

Grande attenzione ai prodotti del territorio, ma in quali piatti troviamo la tua cifra stilistica?

“La mia cifra la troviamo in quasi tutti i piatti del nuovo menu. Sono entrato in una nuova cucina e devo ambientarmi, ma ho deciso di cominciare da subito con una proposta di piatti che mi rappresentino. Tra tutti, c’è il mio signature Il Tonno di Saluzzo. Lo servo con un’insalatina di erbe cotte e crude e adesso prevede, oltre al pollo Fiocco Blu, anche la presenza del coniglio Grigio di Carmagnola sottolio. Rispetto la tradizione piemontese, ma la rivisito.

Inoltre, sempre nel nuovo menu ho inserito un paio di piatti di verdure, perché credo che siano il futuro ma anche il presente della ristorazione. Mi piace pensare a delle proposte vegetariane che possano essere accattivanti anche per i non amanti del tema, come accade con il piatto Barbabietola e tronchetto di caprino o Zucca e crema di mandorle nere. Altro piatto in cui troviamo la mia cifra stilistica sono gli Gnocchi al ragù di cortile, con crema di cicoria e mais croccante, preparati con creste di pollo, fegatini e maiale: un piatto gustoso che si abbina al messaggio che vogliamo veicolare”. 

Troviamo anche del Marocco nella carta del ristorante? O ci sono delle particolari tecniche di cottura?

“In questo momento nel menu non c’è traccia del Marocco, ma ho introdotto delle spezie che sicuramente fanno parte di me, perché io sin da bambino ho subito influenze marocchine e indiane, perché mia mamma va regolarmente in India. Le spezie sono il mio modo di evadere dai prodotti territoriali”.

Tre pregi e tre difetti.

“Sono umile e poi, se prendo un impegno lo porto a termine, a costo di non dormire. Direi quindi che sono perseverante, ma anche gentile. Come difetti, direi umorale, anche se credo ce ne siano altri che ora non mi vengono in mente (Ride – ndr)!”.

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