Viaggio nella Tenuta di Artimino a Prato alla riscoperta di una delle più piccole e storiche doc d’Italia.
Visitare la tenuta di Artimino è come fare quattro passi tra le pagine di un libro affascinante, in cui la storia, la natura e la leggenda, si amalgamano perfettamente per offrire emozioni. La Tenuta si estende su 730 ettari di paesaggio fiabesco, adagiati sul fianco meridionale del Monte Albano a pochi chilometri da Firenze e Prato. Qui i fiumi Ombrone ed Arno, nell’arco dei secoli hanno modellato, attraverso fitti boschi, una trama di dolci colline, punteggiate da ulivi, laghi e vigneti a perdita d’occhio.
A vegliare fiera su tanta bellezza, ancora oggi è la Villa Medicea La Ferdinanda, dimora della famiglia Medici e oggi patrimonio Unesco. Dal suo principesco loggiato si gode di una vista incantevole sull’ antico borgo di Artimino che aldilà di un viale alberato sonnecchia su un poggio, cinto dalle sue mure medievali e caratterizzato dalla torre dell’orologio.
Tutt’ intorno la vista spazia su una valle incontaminata punteggiata di ulivi e vigneti, interrotta solo da qualche sparuta abitazione e dall’ascetica Pieve di San Leonardo.
Terre di olio e vino già dai tempi degli Etruschi, queste colline erano care ai Medici non solo per la caccia ma anche per le vigne che davano loro il vino più pregiato. Secoli dopo i Medici, Artimino è risorta e diventata una delle una delle cantine più rappresentative della Doc Carmignano, fulcro di uno straordinario progetto di valorizzazione del territorio tra enogastronomia, ospitalità e cultura. Artefice di questo bellissimo progetto di riscoperta, è la famiglia Olmo, che rilevò la Tenuta negli anni ’80 dopo anni di abbandono.
La Tenuta di Artimino oggi
Tenuta di Artimino è ora affidata alla guida di Annabella Pascale e Francesco Spotorno Olmo, nipoti del grande campione di ciclismo Giuseppe, medaglia d’oro olimpionica e recordman dell’ora, che acquistò e restaurò la Ferdinanda e il Barco Reale di Ferdinando I nel 1989.
Ai giorni nostri Artimino è un’azienda vinicola moderna, dove si pratica una viticoltura a basso impatto ambientale, ma è anche un resort di charme e un borgo con ospitalità diffusa. Un relais dove rilassarsi e vivere la Toscana più autentica con tutti i comfort tra ristorante, piscina panoramica, spa, vigneti e cantina. Chi viene qui può trascorrere le sue vacanze presso la Paggeria Medicea, edificio del XVII secolo costruito ai piedi de La Fernanda: la struttura che un tempo era la dependance della servitù è oggi diventata un bellissimo hotel rural chic, gestito dalla catena alberghiera Mèlià.
La Paggeria, che dopo il riposo stagionale riaprirà le sue porte agli ospiti a Marzo 2024, è la quintessenza di una dimora signorile di campagna: pavimenti in cotto, travi in legno, elementi in pietra serena, e ampie finestre affacciate su una natura mozzafiato. Qui puoi leggere un libro in giardino, fare due chiacchiere davanti al caminetto acceso seduto su suntuosi divani, o lavorare in una bellissima area smart working circondato da quadri d’epoca, ma anche sorseggiare un calice di vino nel winebar al piano terra. Tutto invita al relax, ma il pezzo forte sono le lussuose camere della struttura: intime ed eleganti, tutte con affaccio sul verde, sono arredate con mobili in stile e colori caldi, primo fra tutti il rosso del vino.
Le stanze sono ampie e garantiscono ogni comfort, anche al viaggiatore più esigente. Durante il giorno a disposizione degli ospiti ci sono moltissime esperienze ed attività (declinate in base alla stagione) per conoscere al meglio la vastissima tenuta: degustazioni di vino, caccia al tartufo, bike tour nei vigneti, jeep safari, picnic al tramonto, o divertentissimi corsi di cucina in cui imparare a preparare delizie tipiche, come i cantucci di Prato.
Il ristorante Biagio Pignatta
E per entrare più a fondo a contatto con le tradizioni culinarie del luogo c’è il ristorante Biagio Pignatta, dal nome del vero maggiordomo di Ferdinando I. Il ristorante chic ma gradevolmente informale, propone una cucina tipica toscana rivisitata con un pizzico di fantasia e contemporaneità, mettendo al centro materie prime di qualità, antiche ricette medicee riscoperte, carni alla brace e prodotti a km0.
Ma il progetto di ospitalità va ben oltre la Paggeria o il ristorante e coinvolge anche il vicino borgo di Artimino con 59 appartamenti con entrata indipendente, situati nel borgo medievale, ricavati nelle antiche abitazioni del paese. Il borgo, è un incantevole villaggio medievale perfettamente conservato, e una passeggiata tra le sue stradine, con tappa all’antica Trattoria Delfina è d’obbligo per chiunque subisce il fascino della storia.
Vale la visita per questi ultimi anche l’interessante Museo dedicato agli Etruschi, che abitarono per primi questi luoghi. La Ferdinanda infine è il fiore all’occhiello dell’intero complesso: ovviamente non è possibile soggiornarvi, ma oltre ad ospitare gli uffici della Cantina Tenuta di Artimino, la Villa ha aperto i suoi saloni e il suo bellissimo parco ai grandi eventi, ai convegni e ai matrimoni di lusso. Mentre nella storica cantina situata nelle sue fondamenta si svolgono oggi appassionanti degustazioni di vino.
Artimino e il Carmignano: una piccola, ma grande Docg
Le vigne della Tenuta di Artimino si estendono per 80 ettari, tra i 200 e i 400 metri s.l.m., tanto nella zona del Chianti Montalbano che in quella del Chianti Carmignano.
La vocazione vitivinicola di queste terre è nota fin dai tempi degli Etruschi e proprio tra questi clivi nasce uno degli areali di produzione vinicola più antichi del mondo, quello del vino Carmignano Docg.
La Docg è tra le più piccole e conta oggi solo 11 produttori tra i comuni di Carmignano e Poggio a Caiano in provincia di Prato. Ufficialmente esiste dagli anni ’70, ma fu il Granduca Cosimo III de’ Medici, nel bando del 1716 a dargli vita, quando incluse le colline del Carmignano, sul lato sud-est del Monte Albano, nella sua “Sopra la Dichiarazione de’ confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Valdarno Superiore”: un bando in cui stabilì le prime quattro aree di produzione vinicola nella storia.
Il Granduca aveva così precorso i tempi creando proprio ad Artimino una vera e propria “doc antelitteram”: una normativa volta non solo a proteggere i confini del Barco Reale di Ferdinando I, ma soprattutto a tutelare la qualità del vino, che vi si produceva, indicando sia le uve, che le zone di produzione, sia il prezzo a cui doveva essere venduto. Il vino delle tenute medicee di Artimino era considerato infatti un nettare pregiato, tra i più preziosi sul mercato e “atto a navigare” cioè valido per l’esportazione verso le corti d’Europa.
Oggi la Tenuta di Artimino continua la produzione di Chianti e Carmignano nel solco di questa storia prestigiosa, fregiandosi- come ci racconta Annabella Pascale- anche di un altro primato: quello di avere dato origine al primo “supertuscan della storia”.
Infatti ad Artimino si coltivano da oltre 300 anni sia il Sangiovese sia il Cabernet Franc. Quest’ultimo è quasi un vitigno autoctono, tanto che i locali lo chiamano ancora uva Francesca o francese, poiché si narra che sia giunto ad Artimino grazie a Caterina de’ Medici, regina di Francia.
Il toscanissimo Sangiovese dal canto suo a Carmignano e ad Artimino nello specifico, è un vitigno delicato che dà vini profumati di violette e senza eccessivi picchi di acidità. I suoli scelti per l’impianto del Sangiovese ad Artimino sono per lo più di arenaria, con la presenza della tipica pietra serena locale. Da un blend di queste due varietà d’uva nasce il Carmignano Docg, che ad Artimino si produce anche ai giorni nostri. Inoltre, è in via di sviluppo con la consulenza enologica di Riccardo Cotarella una nuova etichetta: una speciale IGT supertuscan studiata da Annabella insieme a Cotarella, dedicata proprio a Giuseppe Olmo, e che sarà l’emblema di questa storia tutta italiana, partita da Giuseppe, appassionato e poi produttore di uno dei prodotti icona dell’Italia che è la bicicletta, e che coinvolge l’enologo italiano più famoso al mondo.
“Questo è un luogo speciale, unico nel suo genere; abbiamo quindi deciso, in accordo con la famiglia Olmo, di lavorare per far sì che i vini di Tenuta di Artimino siano distinguibili al primo sorso, nonché per rilanciare il Carmignano, una delle più antiche DOCG italiane” ha dichiarato Cotarella.
I vini della Tenuta di Artimino: la degustazione
La produzione vinicola si incentra sulle due prestigiose Docg toscane di cui si fregia la Tenuta. Accanto al Carmignano Docg di cui sopra, c’è la più nota Chianti Montalbano Docg. Ma il catalogo dei vini di Artimino è piuttosto ampio e include anche alcune interessanti etichette Igt, tra cui spicca il Marrucaia ovvero il supertuscan della maison vinicola. Per la vendemmia 2022, la Tenuta di Artimino ha affidato la consulenza enologica a Riccardo Cotarella, uno dei più rinomati esperti del settore.
Nell’ambito di una visita alla tenuta nello scorso ottobre abbiamo preso parte ad una degustazione nella fantastica cantina del castello e abbiamo potuto apprezzare alcuni tra i vini più rappresentativi della filosofia produttiva di Artimino.
Abbiamo iniziato la degustazione con, il Barco Reale di Carmignano Rosato DOC “Vin Ruspo” 2022- di Artimino: il “vin ruspo” da queste parti si fa da sempre, e deve il suo nome all’usanza dei contadini di ottenerlo dalle uve “ruspate” al padrone, cioè rubate.
Una volta infatti i contadini durante la raccolta tenevano per se una cassa di uve, che portavano in cantina e vinificavano in fretta durante la notte, pertanto il mosto per poco tempo a contatto con le bucce, dava origine ad un rosato. Oggi questo vino si ottiene un blend di 70% sangiovese, 20% cabernet sauvignon e 10% merlot.
Il suo colore rosato è frutto di una macerazione a freddo che dura solo 2 ore, poi il mosto viene separato e passa in acciaio inox. Il risultato è un vino da aperitivo “facile “ma non scontato, dal bellissimo color “buccia di cipolla”, con un naso profumato di melograno, ciliegia e rosa, sapido e fresco al palato con una buona persistenza.
La tenuta di Artimino è nota soprattutto per i suoi grandi rossi ma è degno di nota anche il loro bianco toscano IGT Artumes 2022, che si distingue per piacevolezza. L’ IGT “Artumes”, che porta l’antico nome etrusco del borgo di Artimino, fa parte dell’iconica linea di produzione della Tenuta “Artimino 1596”, ovvero l’anno che segna l’inizio della costruzione della Villa Medicea La Ferdinanda. Ottenuto da uve Trebbiano e Petit Manseg è un vino giallo paglierino con riflessi verdi, profumato intensamente di frutta esotica e fiori bianchi come l’acacia. Al palato è fresco e minerale, come tutti i vini della Tenuta. Ideale per l’aperitivo, perfetto coi formaggi o i crostacei è un bianco vivace, accattivante e beverino.
Ma sono i rossi quelli che meglio raccontano la Tenuta e il territorio. Degustiamo per primo il loro Chianti Montalbano(80% sanngiovese, 10% cannaiolo, 10% colorino):un’ interpretazione beverina e semplice del rosso tipico toscano e volutamente lontana dal Chianti classico, nata con l’intento di creare un vino a tutto pasto, più quotidiano ma non banale. Ciò spiega la scelta dell’affinamento in acciaio che permette di mantenere il frutto e una spiccata freschezza. Il naso del Chianti Montalbano è fine ed armonico, con intense note di frutti rossi freschi e viola mammola, al palato è sapido e fresco, con tannini eleganti.
Si passa poi al Poggilarca 1596 del 2020: un vino Carmignano Docg da degustare con attenzione. Frutto dell’unione di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot. Dopo una prima fase di fermentazione in acciaio inox, i vini vengono messi in legno, il sangiovese in botti da 30 hl, Cabernet Sauvignon e Merlot in barriques nuove e di secondo passaggio. Si presenta di un rosso rubino profondo con lampi granati, al naso esprime finezza e intensità con sentori decisi di melagrana e ciliegia, insieme a note speziate dolci e sbuffi di vaniglia. Al sorso mostra equilibrio e gradevolezza, lievemente ematico con tannini morbidi e piacevoli sostenuti da una freschezza ben integrata e un finale lungo e persistente. Matrimonio d’ amore con carni rosse alla griglia e arrosti di carni avicole.
La rassegna prosegue e si sale ancora di livello col Marrucaia Centocamini, il loro Supertuscan 2020. Questo sorprendente vino rosso da uve Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot, fermenta in acciaio inox e prosegue con un invecchiamento di 12 mesi in barriques di rovere francese. Rubino intenso con riflessi porpora. Al naso esprime sentori floreali di rosa, frutta rossa matura, amarene e prugne. Il sorso è avvolgente, sapido e corposo con tannini vellutati. Un vino dalla forte identità e che ben esprime la filosofia di cantina.
In un crescendo di emozioni giungiamo al gran finale col Grumarello, il vino di punta della Cantina, quello che esprime appieno il carattere di Artimino. Un Carmignano Docg Riserva ottenuto da Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Merlot, Syrah. Assaggiamo il 2019, che si presenta con un colore rosso rubino scarico e sfumature granata che testimoniano un lungo invecchiamento. Il naso è fine, ampio e complesso di frutta nera e rossa, lampone, tabacco, cioccolato, chiodi di garofano e cuoio. In bocca è equilibrato, corposo, lunghissimo e armonico, sostenuto da una buona spalla acida. Un grande vino, assolutamente da annoverare tra i grandi rossi di pregio per cui la Toscana è famosa nel mondo.
I vini di Artimino sono come un tesoro ben custodito, che una volta riscoperto ridona lustro a un territorio meraviglioso e a una Doc di sicuro valore.
Questi vini tratteggiano una Toscana enologica fuori dalle solite rotte, forse meno nota ma non meno in grado di regalare grandi emozioni, con vini di carattere e immediatamente riconoscibili, che condensano nel bicchiere tutto il fascino di 300 anni di Storia.