Erano dieci anni che una stella Michelin non si vedeva a Prato, e ora, grazie a Il Paca e all’intraprendenza di un gruppo di giovanissimi, ha fatto ritorno nella cittadina Toscana.
Sono talentuosi, determinati e tutti under 35 i ragazzi del Paca, il ristorantino nella città di Prato che si è conquistato proprio recentemente l’ambitissima stella Michelin.
Guidati da una storica amicizia e dall’obiettivo comune di migliorare e migliorarsi costantemente, nel 2019, Niccolò Palumbo e Lorenzo Catucci, poco più che trentenni e dopo aver aperto insieme un ristorante a Radda in Chianti, hanno deciso di dare vita ad un ambizioso progetto.
Si tratta del Paca (Pa come Palumbo e Ca come Catucci), un ristorante a cinque minuti a piedi dal duecentesco castello dell’Imperatore, appartenuto al nipote di Federico Barbarossa, situato dentro gli ambienti di quella che è stata, per Prato, un’istituzione negli anni ’80: il ristorante di Osvaldo Baroncelli, chef eclettico e grande pioniere di una cucina moderna per l’epoca.
Il progetto
La loro idea vincente è stata quella di mantenere una continuità con il locale storico, con lo stile classico, di una eleganza essenziale, senza orpelli e perseverando nell’esposizione di opere d’arte locali nelle tre sale del ristorante, ma dando vita a una cucina, invece ,di sostanza, dall’estetica contemporanea e raffinata, innestata su solide competenze tecniche, con materie prime ricercate con grande accuratezza.
Massima importanza conferita anche alla sostenibilità sia nella limitazione degli sprechi in cucina, che nella scelta degli ingredienti. Come per i micro-vegetali in acquaponica di The Circle prodotti in tandem con l’allevamento di pesci, senza generare scarti; o i legumi e i cereali de I Seminanti, azienda a filiera biologica.
Degne di nota anche la carta dei vini, che si evolve attraverso un accurato e minuzioso lavoro di ricerca di produttori e aziende portato avanti con grande competenza e attitudine alla scoperta da Catucci, e certamente la pasticceria, curata nei minimi dettagli da Gabriele Palumbo, fratello venticinquenne di Niccolò, giovanissimo, ma già con due esperienze importanti alle spalle come Villa Crespi e il Caino di Valeria Piccini a Montemerano (GR).
La nostra intervista
Dieci anni dopo, riportare la stella Michelin a Prato, che cosa significa per voi?
Il raggiungimento della Stella è stato per noi un grande traguardo a livello personale ma che al contempo ha acceso un faro sull’intera ristorazione cittadina. Probabilmente anche per questo è stata motivo di orgoglio da parte dell’intera cittadinanza che ha reagito con affetto.
Cosa ne pensate della ristorazione di Prato, patisce un pò la vicinanza con Firenze?
Il patrimonio artistico e architettonico di Firenze sicuramente può mettere in ombra quello di Prato, e aggiungeremmo di qualsiasi altra città, ma dal punto di vista gastronomico la città vive ora un periodo di continuo fermento con tante novità e voglia di fare.
Paca, Palumbo e Catucci, da quanto vi conoscete? Come è nata l’amicizia, anche lavorativa?
Ci conosciamo dal 2015 grazie ad un’amicizia in comune che ci ha portato a condividere la prima esperienza lavorativa insieme, dalla quale è nata un’intesa che è sfociata nella creazione e l’apertura del ristorante Paca.
Niccolò. tra le varie esperienze, anche da chef stellati, chi ti ha dato di più? Chi dei maestri ha lasciato più il segno? E per Lorenzo?
Per entrambi, ogni singola esperienza ha contribuito a formarci come persone e come professionisti aiutandoci a capire quello che avremmo o viceversa non avremmo voluto portare all’interno della nostra attività.
Niccolò, Come definiresti la tua cucina per chi non è stato da te?
Legata al territorio come ingredienti e contaminata da tecniche provenienti da tutto il mondo.
Parlateci di voi due: tre pregi e tre difetti? E come si compenetrano tra voi?
È difficile fare una lista di pregi e difetti di entrambi, ma quello che ci contraddistingue è che, anche quando ci sono visioni opposte, o diverse, riusciamo a trovare un punto in comune che molto spesso ci porta a fare la cosa giusta.
Un’altra domanda per tutti e due: Quale sarà il futuro della cucina? E che importanza pensi avranno gli stellati?
Il futuro della ristorazione in questo momento è abbastanza incerto per problematiche ben note (mancanza di personale, costi fissi alle stelle ecc.) e in questo senso gli stellati grazie alla loro risonanza dovrebbero farsi portavoce del grande cambiamento che per forza di cose deve subire il nostro settore.