Un uomo e la sua storia di mare. Uno chef Re della duna: terra di mezzo, genitrice di un ecosistema unico ricchissimo di libera vegetazione, e musa ispiratrice di una cucina semplice quanto straordinaria.
Alberi maestri, aria sapida di mare e darsena, grida di gabbiani nella piena luce di mezzogiorno così come nei toni caldi del tramonto. Il posto è sempre lo stesso, da cinquant’anni, lì dove il nonno di Gianfranco accoglieva nella sua “Trattoria da Pompeo” le famiglie di Fiumicino, quelle di Roma in gita la domenica fuori porta, e i pescatori, gli uomini della riva, quelli del porto e le loro storie; ristorando chiunque varcasse la sua soglia.
Gianfranco Pascucci eredita quel modo di fare, cresce respirando quell’aria condita che si chiama accoglienza, poi la nutre, la affina, la perfeziona. Lui vuole fare il cuoco e non ha paura, dentro di sé la sua rotta è già tracciata, e allora viaggia e va ad assaggiare le cucine degli altri, poi torna, conosce Vanessa Melis (anche lei di Fiumicino ma mai incontrata prima) che diventa sua moglie, ed assieme rilevano quell’osteria di famiglia per dare una casa ad sogno di cucina: dare valore al suo mare ed alle materie prime che il litorale iodato romano offre ogni giorno, ad ogni stagione, ad ogni marea.
“Il primo cambiamento importante è stato decidere che dal mio più grande fornitore, il mare, dovevo prendere tutto. Non solo le spigole e i rombi. Avevo voglia di verità. Parlavo con i pescatori e vedevo che c’era un sacco di pesce che non veniva richiesto. Ho avuto come una voglia di rivalsa, racconta, volevo cucinare quello che non aveva mercato né storia, e dargli una nuova identità”.
Vento in poppa dunque alla creatività, alla libertà nel ripensare ricette senza codifica ufficiale, nel rileggerle con ingegno ed ispirazione nella continua ricerca di combinazioni, giochi di consistenze, di fondi e di rimandi, di minestre di “pesciacci”, di zuppette e acque pazze, di marinature, affumicature e di pesce povero nobilitato.
“Era un rischio non avere certi prodotti e qualcuno storceva il naso quando proponevo cose tipo il muggine. Poi ho visto che alle persone non importava così tanto del pesce usato, ma se il piatto fosse buono. A questo punto ho capito che c’era lo spazio per costruire”. Così, come un abile costruttore di sapori, comincia a disporre virtuoso la materia prima al centro del piatto, una materia mai superata dal gesto tecnico, semmai potenziata per mezzo dello stesso e poi arricchita, concentrata, immaginata e concepita per arrivare dritta all’emozione.
Chef Pascucci, parte dalle sue esperienze personali che vuole traghettare nel piatto, cristallizzando sulla ceramica un memoria multisensoriale, così come ha fatto per il “Gambero rosso al sale ed erbe bruciate” un piatto che cammina all’indietro fino all’incendio nella vicina pineta e che, tramite l’intensa affumicatura, ricrea la percezione del ricordo olfattivo di un vero vissuto partendo dal penetrante profumo di bruciato.
Uno degli attuali snack di benvenuto è Mare, dichiarazione di poetica nitida e prosaica, in cui la scritta Mare, a base di sale marino rosa, alghe essiccate e polvere di scampi, va annusata prima di passarvi sopra la spugna di erbe con acciuga e maionese e di ostrica, che come un’onda cancella la scritta sulla sabbia profumando il boccone e trasferendo al palato tutta la sua potenza salmastra e di macchia.
Il tonno resta uno dei capisaldi del Porticciolo; da crudo (servito come un Prosciutto, lavorato nel miso e bottarga e poi essiccato per sei giorni) e da cotto, caratterizzato da una nota nostalgica dei pranzi di casa nei “Rigatoni allo stracotto di tonno“, che da pesce migratore qual è, sa intridersi di Mediterraneo e tradizione nostrana come di suggestioni lontane.
La sua Tempura di calamari, piatto storico con cui il Porticciolo ha inaugurato la sua apertura evolvendo nel tempo fino a raggiungere la presentazione attuale, merita menzione a sé. Si perchè Pascucci da anni studia le tecniche giapponesi che si rivelano sempre illuminanti e affascinanti per la maestria nel trattare le materie prime, specie per il pesce, e che hanno portato questo piatto al perfetto incontro tra croccantezza, friabilità e tenerezza delle carni, che risultano come cotte al vapore.
Si dipinge così una cucina dalla forte personalità e sensibilità, dalle tinte blu del mare, del verde della macchia mediterranea, del rosso di granchi e crostacei, dalle sapidità marine eclettiche, cariche di iodio, issate e vibranti come vele per fendere il vento, e che si accomoda con grazia in un ampio spazio luminoso di moderna e antica ospitalità.
Un salotto raffinato, con verande e finestre, arredato con lampade, ceramiche d’autore, pigne turchesi di Caltagirone, tovaglie e tovaglioli ricamati di candida stoffa. Qui la sala è donna, e vive nel sorriso di Vanessa, nei suoi modi pacati e gentili, nel suo volto che rasserena chiunque bussi alla porta di “Pascucci al Porticciolo”; bel ristorante di mare, sicuro avamposto di “periferia iodata” e che, insignito della stella Michelin dal 2012, continua a rimanere il rassicurante faro di un porto sicuro.
Info utili
Pascucci al Porticciolo
Giorni di chiusura:
Domenica chiusi a cena,
Lunedì chiusi pranzo e cena
Martedì chiusi a pranzo
Viale Traiano 85 00054 Fiumicino (Roma)
Telefono: +39 06 65029204 – 329 4603566
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