In Centro America alla scoperta della gastronomia locale, tra avventure adrenaliniche nella natura, atmosfere coloniali urbane, isole paradisiache e l’imperdibile visita al mastodontico e affascinante Canale che unisce i due Oceani Atlantico e Pacifico.
Dei due, l’uno è il Paese della “Pura Vida”, due paroline magiche usate dai ‘Ticos’ (così vengono chiamati i costaricensi) che stanno a significare un modus vivendi all’insegna della purezza, della semplicità e della felicità nelle piccole cose. È la Costa Rica, un vero e proprio eden della biodiversità, abitato da 760 specie di uccelli (più degli Stati Uniti e del Canada insieme), 900 piante diverse, 1200 tipi di orchidee e il 10% di tutte le differenti farfalle che si trovano nel mondo. Uno scenario naturalistico così speciale, da rendere lo stato una meta di viaggio ideale per gli appassionati di flora e fauna, da osservare e fotografare.
L’altro, invece, è il luogo dove tutto è possibile, purché una persona sia felice. Ma è anche la terra che, grazie al suo Canale, unisce due mondi. O, meglio, gli Oceani Pacifico e Atlantico, permettendo un più veloce passaggio delle navi rispetto all’alternativa della navigazione a sud. Siamo a Panama, territorio del Centro America confinante con la Colombia, dove si respira ancora l’atmosfera coloniale, se si esplora la sua capitale Panama City. Una metropoli dove tutto funziona h 24, dai ristoranti ai supermercati, fino ai taxi o alle palestre. E se per gli amanti del mare, è bene sapere che questo stato è tra i pochi al mondo in cui, nello stesso giorno, si può fare il bagno sia nel Pacifico che nelle acque dei Caraibi (le due coste distano solo 80 chilometri), per chi al relax preferisce una gita più antropologica, non manca la gita in un villaggio indios.
Cosa fare nella Costa Rica
Per entrare nel vivo del viaggio, l’ideale è lasciare San José, una capitale caotica che delude le aspettative di chi cerca le atmosfere coloniali tipiche del Centro America (il centro storico fu distrutto ben due volte a causa di devastanti terremoti), per immergersi il prima possibile nella natura della Costa Rica. Un territorio, il cui 30% si compone di aree protette e riserve anche private, votate al turismo e con attrazioni imperdibili. Ma c’è un’unica raccomandazione, prima di avventurarsi: procurarsi una guida che conosca bene le zone che si vogliono scoprire.
La prima esperienza che vale la pena provare è all’insegna dell’adrenalina ed è ospitata nella riserva del maestoso vulcano Arenal, un cratere alto 1600 metri vicino a una cittadina chiamata La Fortuna. È qui che si trova lo “Sky adventures”, base di partenza per provare la zipline, l’emozionante esperienza di stare sospesi in aria, agganciati a dei cavi, a incredibili altezze: un percorso in 7 tappe lungo 2.8 chilometri, con una distanza dal suolo che sfiora i 230 metri (il costo del biglietto è di 70 euro per gli adulti e di 50 circa per i bambini).
Poi, ci si concede un po’ di relax nelle vicine Terme Tabacón, alle pendici del vulcano, nelle piscine termali da vivere anche di sera, tra un massaggio anti-stress e un trattamento di bellezza. Il paradiso del wellness ospita anche un romantico resort in cui pernottare (a circa 300 euro a notte; l’ingresso giornaliero alle terme è di 80 euro).
Il viaggio continua navigando La Suerte, un piccolo Mekong sorvolato da farfalle gialle e popolato da coccodrilli guardinghi, che conduce al Parco Nazionale più visitato del Paese: il Tortuguero, dove migliaia di tartarughe marine, prima del lungo letargo, vanno a deporre centinaia di uova, uno stupefacente spettacolo che è possibile osservare pernottando nei lodge della sconfinata riserva nel nord-est del Paese (il prezzo del tour è di circa 30 euro). Si torna a San José sorvolando l’immensa distesa di “mare verde” delle piantagioni di banane e di ananas, solo dopo aver esplorato la foresta pluviale di 45mila ettari del Tortuguero, per ammirare dal vivo cuccioli di caimani, picchi dal becco d’argento o aironi color blu minore, come anche bradipi e gruppi di scimmie saltellanti da un albero all’altro.
Cosa fare a Panama
Nel vicino stato centroamericano confinante con la Colombia, invece, vale la pena iniziare dalla capitale andando a spasso tra le viuzze acciottolate di Casco Antiguo, il quartiere storico di Panama City, che sorge su una massa di coralli e sfoggia in tutti i loro vivaci colori, le case caratteristiche della zona, anche nota come San Felipe. Il tour ideale per appassionati di storie e leggende comincia da piazza Herrera, a destra della quale si trova El Chorrillo, quartiere malfamato da cui è meglio tenersi alla larga.
La prima tappa è all’American Trade Hotel, indirizzo luxury dell’ospitalità, in passato residenza degli operai del Canale e occupato, in alcuni periodi, da bande criminali (una stanza mostra ancora i murales con gli slogan realizzati durante quella fase “buia” dell’edificio). Si continua poi l’esplorazione del centro storico, visitando la chiesa di San José con il suo prezioso altare d’oro, raro esemplare di contaminazione tra il Barocco e l’arte centroamericana. Subito dopo, si parte alla volta del Canale, “La Ruta che brilla”, e per averne un assaggio si raggiunge o il centro visite di Agua Clara sull’Atlantico, dove si ammirano le mastodontiche navi che affrontano le chiuse nuove, inaugurate il 26 giugno 2016; oppure, il Miraflores sul Pacifico, punto d’osservazione del vecchio passaggio, aperto il 15 agosto 1914 e ancora in uso. Un’alternativa valida anche per rifugiarsi nel piccolo museo che ripercorre la storia del Canale.
Un’opera imponente, ideata per la prima volta dal francese Ferdinand de Lesseps (che aveva costruito quello di Suez) e realizzata grazie all’intuito e al genio dell’ingegnere americano John Frank Stevens. La fuga caraibica in un mare paradisiaco popolato di mangrovie è sulle isole di Bocas del Toro, eden sottomarino per gli amanti dello snorkeling. Il soggiorno ha ancora il sapore coloniale, pernottando in un hotel che sembra fermo ai primi anni del Novecento, una struttura appartenuta un tempo ai proprietari della compagnia americana di esportazione di banane “Chiriqui Lan company”. Dal vicino imbarcadero, si parte alla volta delle isole Zapatilla 1 e 2, una incredibile riserva naturale per nuotare tra coralli e pesci colorati. All’interno del parco è possibile persino campeggiare e trascorrere una notte pagando circa 20 euro, in più con la comodità che all’indomani, una barca riporterà indietro i romantici esploratori.
Tornati sulla terraferma, una crociera fluviale un po’ selvaggia e spartana a bordo di una piroga è, infine, la gita verso un insediamento indios ai margini del Lago Gatún, dove vive la comunità Embera Quera. Ad accogliere i forestieri è il capo tribù, per una giornata all’insegna di usi e costumi ancestrali tutti da scoprire, con shopping finale tra preziosi oggetti di artigianato realizzati con le palme della foresta dalle donne del villaggio.
Cosa mangiare a Panama e nella Costa Rica
Se le influenze gastronomiche, a Panama, sono tante e variegate, rendendo le ricette un melting pot di sapori di matrice ispanica, africana, indigena d’America e afro-antillana, nella Costa Rica la tavola dei “Ticos” è semplice e morigerata, di tradizione rurale e contadina, con l’uso di mangiare un unico piatto a pasto, che sia però sempre sostanzioso e dove difficilmente mancano il riso, i fagioli e il platano fritto. Ingredienti che si ritrovano anche a Panama, nel villaggio indios dove vive la comunità Embera Quera, con cui si trascorre anche un momento conviviale nella grande capanna dove si riunisce la comunità.
Va da sé che, sulla costa, diventa protagonista il pesce, con il latte di cocco a farla da padrone come condimento. E questo vale anche nelle isole paradisiache di Panama: nell’arcipelago di Bocas del Toro, la tappa culinaria che resta impressa nei ricordi è da Don Alfonso, un ristorante-palafitta che prepara cibo in mezzo al mare di Cayo Coral, divenuto famoso per le sue freschissime aragoste.
A Panama City, invece, se tra i ristoranti dello skyline la cucina è più internazionale, si mangia in modo più tipico, con le ricette di una volta, nelle vie del quartiere storico di Casco Antiguo. Eccezion fatta per The Dining Room dell’American Trade Hotel, un raffinato gioiello in pieno stile coloniale che propone ingredienti freschi e stagionali valorizzati con una cucina fusion abbinata a dei cocktail.
Ancora: per i foodie curiosi di provare i piatti dei “local”, basta cercare nei menu portate come le Torrejitas de Maíz, le frittelle di mais, ideali come snack quando si è in preda ai morsi della fame. O, ancora, il Guacho de mariscos, uno stufato di frutti di mare con riso, verdure, calamari, gamberi, cozze e polpo; e poi l’Arroz con guandú, una ricetta creola a base di riso e dello speciale fagiolo che può anche essere arricchita con il latte di cocco.
Mangiare come la gente del posto, nella Costa Rica, è ancora più naturale, grazie ai tanti localini rustici e colorati dove si fermano pure i Ticos. A conquistare i palati in questo caso sono: il Casado, a base di riso, fagioli, carne o pesce, pomodoro, insalata di cavolo e platano fritto; il Gallo Pinto, con riso, fagioli, panna acida, una salsa agrodolce e, per chiudere, con aggiunta di carne e uova fritte strapazzate. Un sostanzioso piatto più che energetico, che i costaricensi consumano a colazione. Non mancano, poi, sulla tavola delle case, le Tortillas dette Chorreadas, che si mangiano dolci o salate; le Empanadas ripiene, le pannocchie di mais arrosto e, dulcis in fundo, i dessert. Come il Flan, che ricorda un Crème caramel e la Mazamorra, una specie di budino. O anche il Queque seco, una torta a base di zucchero, farina e burro.
E la Costa Rica da bere? In genere il brindisi è con i Frescos, drink analcoli con frutta e acqua o latte, amatissimi, come del resto lo sono la birra e il caffè. Le bevande “alcohol free” vanno per la maggiore pure a Panama, che propone il Chicheme a base di latte, mais dolce, cannella e vaniglia. Ma nessuno rinuncia al Seco Herrerano, un liquore nazionale ottenuto dalla distillazione del mosto di canna da zucchero. E per i “coffee addicted”, la tazzina si beve con leche, molto popolare nel Paese, assieme alle birre locali come la Balboa e, ça va sens dire, la Panamá.