L’indagine si è svolta tra martedì 14 aprile a sabato 18 aprile 2020 ed ha coinvolto un campione di 1000 persone. L’obiettivo è stato quello di fotografare il comportamento e i desideri della clientela nei confronti della ristorazione e dei servizi di delivery proiettati nell’attesa Fase2.
Per arginare e combattere il Coronavirus, chiudere al Pubblico Ristoranti, Trattorie, Pizzerie e Bar, è stata una delle prime misure decise per il contenimento dell’epidemia nel nostro Paese. Poi, i tempi si sono dilatati diventando preoccupanti ed insostenibili; e quando è diventato chiaro che i tempi per la riapertura sarebbero stati ancora lunghi, molti locali dedicati alla ristorazione classica hanno deciso di abbracciare, per la prima volta e non senza tentennamenti, il dinamico mondo delle consegne a domicilio, cambiando volto alla ristorazione classica, ripensando offerte gourmet e menu.
Sulla scia di questa rivoluzione (momentanea?) Lavinia Martini e Andrea Di Lorenzo hanno redatto uno studio che fotografa lo stato della ristorazione e del delivery durante l’emergenza Covid-19 perchè, tenendo sempre sottocchio il “fattore imprevedibilità” di un dato mercato, essere comunque in grado di leggere i segnali dell’andamento è un elemento chiave di ogni strategia di Marketing.
L’obiettivo del rapporto è infatti quello di fotografare il comportamento e i desideri della clientela nei confronti della ristorazione e dei servizi di delivery in questo momento. Tramite alcune domande più specifiche, viene richiesto ai clienti come intendono comportarsi durante la fase 2 e nei mesi a seguire, all’indomani della riapertura dei ristoranti.
Questa ricerca è stata redatta sulla base di un questionario di facile esecuzione (tempo di compilazione: 5/10 minuti) accessibile digitalmente con 23 domande, sia a risposta aperta che chiusa, singola e multipla.
DESCRIZIONE DEL CAMPIONE
Il campione preso in esame coinvolge una popolazione statistica di 1000 persone, residenti in Italia, principalmente nel Lazio (è il 65%) e in Lombardia (15%), con una prevalenza di donne (62% contro il 37% degli uomini) e un’età distribuita soprattutto nella fascia 30–39 anni (40%) e 21–29 anni (25%). Questo campione ha dimostrato una buona propensione alla frequentazione di attività di ristorazione anche prima dell’emergenza: il 35% ha dichiarato di andare a pranzo o cena fuori tra le 2 e le 3 volte a settimana, un altro 35% almeno una 1 volta a settimana. Per il 52% del campione la spesa media è compresa tra i 20 e i 35 euro e avviene soprattutto in pizzeria (58%) e in ristoranti di cucina italiana (56%).
LA RISTORAZIONE
Dalle risposte emerge un desiderio impellente di tornare nei ristoranti dopo la fine dell’emergenza. Di fronte alla domanda “Quanto ti manca andare a pranzo/cena fuori?” il 47% del campione risponde “Molto” e il 38% “Abbastanza”. Dell’esperienza di andare a pranzo o cena fuori, i clienti sentono maggiormente la mancanza in termini di “Convivialità” (747 preferenze), a seguire viene il “Cibo”, (377 preferenze) e il “Desiderio di fare nuove esperienze” (349 preferenze).
Nella ricerca è decisiva la risposta alla domanda “Una volta riaperte le attività, tornerai subito a pranzo/cena fuori?”. Il 52% degli intervistati ha risposto “Si”, mentre il 15% ha risposto “No”. Decisivo il 33% degli intervistati che ha risposto “Forse” e che potrebbe orientare, attraverso le sue scelte, l’andamento del mercato ristorativo nei prossimi mesi.
Cosa impedisce ai clienti di tornare nelle attività di ristorazione? Su un totale di 501 risposte, il 53% dei clienti ha “Paura del contagio”. Il 44% dichiara poi di “Avere timore che le attività non rispettino le norme igieniche” che verranno imposte dai futuri decreti. Il 28% afferma di non avere voglia di vivere un’esperienza inficiata dalla presenza di troppi limiti.
Cosa potrebbe incentivare i clienti a tornare nelle attività di ristorazione o a scoprirne di nuove? Gli intervistati affermano di ricercare nei ristoranti la massima attenzione nel rispetto delle norme igieniche (61%) e nella corretta gestione degli spazi e del distanziamento tra tavoli (51%). Anche la previsione di spesa economica può incidere sulla futura esperienza: il 24% degli intervistati afferma di essere incentivato da sconti e promozioni, il 14% dalla revisione dei prezzi più in generale.
Dove sognano di andare a pranzo/cena fuori gli italiani al termine dell’emergenza? Coerentemente con i dati che riguardavano le abitudini prima della pandemia, gli Italiani affermano di volersi recare soprattutto in un ristorante di cucina italiana (24%), in pizzeria (21%) e in ristoranti di cucina internazionale/straniera (14%), una delle cucine che al momento è più difficile replicare all’interno delle mura domestiche. Il 52% degli intervistati afferma di voler frequentare di persona le attività dalle quali attualmente sta ordinando in delivery.
IL DELIVERY
La fetta delle persone che attualmente sta ordinando in delivery è il 57% degli intervistati.
Di questi, il 55% afferma di ordinare meno di 1 volta a settimana e il 36% almeno una volta a settimana. Si distribuisce abbastanza equamente il campione tra quelli che ordinano tramite piattaforma di delivery (36%), direttamente dalle attività dalla quali vogliono acquistare prodotti (36%) oppure tramite entrambi i canali (28%).
Dalle risposte ricevute, il 43% degli intervistati ha conosciuto le attività dalle quali ordina in delivery tramite Social Network, il 35% attraverso le piattaforme di delivery, il 24% tramite i canali ufficiali delle attività, come sito, social etc. Tra le piattaforme di Food delivery, la più utilizzata è Just Eat (la utilizza il 62%), seguita da Deliveroo (38%) e da Glovo (37%).
Il 65% degli intervistati utilizzava il delivery anche prima dell’insorgere dell’emergenza, a fronte del 35% che dichiara di non averlo fatto. Il 74% afferma inoltre che frequentava già le attività dalle quali sta ordinando. Il 59% continuerà ad utilizzare il delivery anche dopo la fine dell’emergenza (con una fetta consistente, il 26%, che afferma di essere in dubbio se continuare o meno).
I cibi più ordinati a domicilio sono pizza (la ordina il 75,5% degli intervistati), cibo straniero (42%), spesa da supermercati/alimentari/box miste (37%), hamburger o panini (36,5%), confermando in parte i consumi dei pasti fuori casa e quelli desiderati alla riapertura delle attività dopo la fine dell’emergenza Covid-19.
COME VORRESTI CHE CAMBIASSE LA RISTORAZIONE DOPO LA FINE DELL’EMERGENZA?
Da questa domanda aperta traiamo alcune considerazioni molto interessanti per comprendere le intenzioni di comportamento dei clienti. Gli intervistati hanno dimostrato una grande reattività alla domanda non obbligatoria, producendo 582 riscontri. Ma cosa chiedono, in sostanza, i clienti ai ristoratori?
- Massimo rispetto delle norme igieniche (vengono citati: distanziamento dei tavoli, tavoli all’aperto, cucine a vista, obbligo di prenotazione, utilizzo dei dispositivi di sicurezza, pulizia dei bagni, trasparenza, maggior numero di controlli. Nel caso specifico del mancato distanziamento dei tavoli, viene citato come un fattore negativo anche prima dell’emergenza);
- Che non cambi nulla nell’esperienza ristorativa (un esempio sono risposte come: niente, perché dovrebbe cambiare qualcosa?, normalità, a me va bene com’era, va bene così, etc.);
- Una revisione dei prezzi, soprattutto in rapporto alla qualità offerta (prezzi ridimensionati, pacchetti sconto, prezzi visibili sul sito web per evitare sorprese, miglior rapporto qualità prezzo);
- Maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e della filiera (prodotti italiani, più materie prime del territorio, connessioni con aziende locali, km0, maggiore scelta anche per nicchie di consumatori, come per intolleranti e vegani);
- Si richiede poi un’attenzione maggiore alla sostenibilità sia dal punto di vista sociale che ambientale delle aziende ristorative (minore utilizzo della plastica, assenza del lavoro in nero, rispetto dei collaboratori, utilizzo di strategie antispreco, attenzione ai cambiamenti climatici, stagionalità, presenza di donne in cucina);
- Un allargamento dei servizi di delivery (copertura anche di zone fuori città, creazione di servizi di delivery gestiti direttamente dalle attività, servizi di asporto, consegne a domicilio anche dopo la fine dell’emergenza).
CONSIDERAZIONI GENERALI
1) La fetta di clienti decisamente sfavorevole al ritorno nei ristoranti si aggira intorno al 15%. Ampia invece quella che testimonia un desiderio di ritorno alla convivialità (52%), ma che allo stesso tempo ha timore che il ristorante possa rivelarsi un luogo preposto a veicolare il contagio. Sugli incerti si gioca moltissimo la sorte delle attività nei mesi a venire. Sono il 33%. Se infatti si spostassero sul sì, si otterrebbe una percentuale determinante di avventori, mentre se si posizionassero sul no, la clientela verrebbe ridotta in modo drastico. Fattori di spostamento potrebbero essere l’aumento dei contagi o la loro diminuzione, oltre all’adempimento, da parte delle attività, delle norme sanitarie che verranno emanate.
2) I clienti richiedono ai ristoratori grande trasparenza nel rispetto delle future normative, come il distanziamento tra i tavoli oppure la presenza di cartelli informativi, più in generale l’osservanza delle norme igieniche (61%). E’ possibile ritenere che riusciranno a reagire meglio alla fase di riapertura le attività che si adegueranno più velocemente ai cambiamenti. Nonché quelle che per gestione delle risorse e degli spazi possono garantire minore promiscuità, come attività all’aperto o attività che prevedono ampio spazio tra una seduta e l’altra. In contrasto il dato sugli ordini in delivery: in questo caso il cliente non può osservare o testimoniare che le norme igieniche siano rispettate in modo puntuale. Tuttavia il pubblico che ordina è una fetta molto considerevole.
3) I clienti che dichiarano di essere trattenuti dalla paura del contagio sono il 53%. Questo testimonia che i ristoranti vengono considerati un luogo dove il contagio è altamente probabile. Diverso è se avessimo richiesto al campione cosa li tratterrà dall’andare a fare una passeggiata con il cane o una vacanza all’aria aperta. Allo stesso modo, quello che manca di più dell’esperienza ristorativa è proprio la convivialità (lo dice il 73%), uno degli elementi sui quali si dovrà intervenire maggiormente proprio per evitare i contagi.
4) Le risposte che riguardano l’utilizzo del delivery sono coerenti con i dati già noti su questo mercato. Il 57% afferma di ordinare prodotti con consegna a domicilio. Si confermano quindi i dati di crescita già evidenziati da altri studi: quello di Altroconsumo (1) che afferma che su un campione di intervistati, il 49% ha ordinato in 3 mesi tra le 2 e le 3 volte in delivery; quello dell’Osservatorio di Just Eat (2) che riporta che la pizza è il cibo più ordinato a domicilio; quello dell’ Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di Milano e di Netcomm (3) che testimonia che il Food Delivery nel 2019 è cresciuto fino ad arrivare ad un fatturato di 556 milioni di euro, superando quello del 2018 del 56%; quello della Fipe del 2019 (4) che testimoniava che il 30% degli italiani ordina cibo in delivery; quello di Glovo (5) in cui si testimonia una crescita di ordini del 247% nel 2019 sul 2018. In buona sostanza, chi ritiene che il Delivery sia una moda passeggera o una trovata dell’ultima ora, lo afferma senza nessuna consapevolezza dei dati, che dimostrano un uso già estremamente radicato nei clienti italiani dello strumento, in rapidissima crescita e destinato a trovare ancora maggior peso nelle abitudini quotidiane, anche in seguito all’emergenza Covid-19. Inoltre, i clienti dichiarano di essere propensi a frequentare di persona gli stessi ristoranti dai quali ordinano in delivery, sintomo del fatto che le attività ristorative che consegnano oggi stanno anche fidelizzando il loro pubblico per il domani.
5) Le abitudini di scelta dei clienti rimangono piuttosto simili prima, durante e dopo l’emergenza. Tra i ristoranti più citati per andare a pranzo/cena fuori prima dell’emergenza ci sono sia i ristoranti di cucina italiana che le pizzerie. Ugualmente si esprimono i clienti sulle attività che vorranno frequentare dopo la fine dell’emergenza. Per quanto riguarda il delivery, al primo posto tra i cibi ordinati c’è proprio la pizza.
6) L’utilizzo massiccio di app delle piattaforme di delivery, quello dei social network per conoscere le attività da cui stanno ordinando i clienti insieme ai loro canali ufficiali (principalmente digitali, quindi sito e social), testimonia una forte esigenza delle attività di farsi conoscere attraverso l’uso consapevole degli strumenti di comunicazione. In mancanza della possibilità di acquisto d’impulso e attività di passaggio, il cliente si affida ai messaggi veicolati dalle attività per entrarvi in contatto. Così la digitalizzazione delle attività, se fatta in modo corretto, può essere uno degli elementi chiave della ripresa, nonché strumento per comunicare in modo puntuale l’adeguamento alle nuove norme sanitarie che i clienti ricercano con tanta insistenza.
Nota per la lettura dell’indagine: la ricerca ha l’obiettivo di registrare non solo dati di tipo quantitativo ma anche il sentimento dei clienti nei confronti di uno specifico settore. L’approccio seguito è quello scientifico (trasparenza, riproducibilità, massima accessibilità delle informazioni), tuttavia i dati riportati non hanno semplicemente valore numerico ma hanno anche lo scopo di evidenziare gli aspetti psicologici ed emotivi del campione rispetto a domande che prevedono più risposte. Per una maggiore affidabilità dei risultati, gli autori hanno cercato di rivolgere il questionario solo ai potenziali clienti, escludendo gli imprenditori della ristorazione, che avrebbero potuto inquinare il risultato fornendo delle risposte non oggettive.
SITOGRAFIA
- https://www.altroconsumo.it/organizzazione/media-e-press/comunicati/2019/inchiesta-food-delivery
- https://www.justeat.it/esplora/osservatorio2019
- https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/comunicati-stampa/food-grocery-online-crescita-valore-2019
- https://www.fipe.it/comunicazione/note-per-la-stampa/item/6166-ristorazione-rapporto-annuale.html
- https://www.foodserviceweb.it/2020/02/04/glovo-delivery-report-2019-boom-di-consegne-a-domicilio/