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Claudio Sadler: il punto della situazione a Milano

Claudio Sadler, chef stellato nel cuore della zona rossa, ci racconta il punto della situazione

Abbiamo intervistato lo chef Claudio Sadler, 1 stella Michelin e un bistrot milanese, uno tra i catering più importanti della città meneghina, presidente dell’Associazione Le Soste, tra i maggiori esponenti della Cucina moderna “in evoluzione”, come ama chiamarla, per capire il punto della situazione in zona rossa. E Claudio Sadler ci racconta cosa vogliono gli chef colpiti dal lockdown.

Come è andata la situazione post lockdown? È cambiata la tua clientela? 

“Sì, la clientela è cambiata molto dopo il primo lockdown perché sono spariti gli stranieri (45% circa della nostra clientela abituale) che hanno lasciato il posto a nuovi clienti milanesi i quali, essendo impossibilitati a spostarsi, hanno scelto di andare alla ricerca di posti nuovi che non frequentavano prima abitualmente”.  

“Per quanto riguarda la situazione post lockdown, i mesi di giugno e luglio non sono mai stati i più importanti per la ristorazione a Milano. Il giardino che abbiamo aperto per la prima volta a fine giugno, e che è stato molto apprezzato dalla clientela, ci ha aiutato a fare un buon lavoro nel mese di luglio.

Questa apertura non ci ha permesso di incrementare il giro di clientela abituale ma di mantenerlo agli stessi livelli degli anni precedenti, attirando anche nuovi clienti incuriositi da questa novità”.

“Dopo la chiusura di agosto, settembre e ottobre sono stati dei mesi interessanti, quasi ai livelli del 2019, tanto da darci buone speranze in ottica di ripresa, fino a quando purtroppo la situazione è peggiorata nuovamente e abbiamo dovuto interrompere il servizio”.

Il ristorante ha avuto dei benefici dall’estate italiana in termini di nuovi clienti e/o affluenza al ristorante?

“Sì, molti milanesi – e italiani in generale – hanno optato per vacanze in Italia e più brevi. Questo ha fatto sì che abbiamo potuto godere di un’ampia frequentazione da parte loro. Nei mesi estivi, infatti, il 98% delle prenotazioni sono state di italiani”.  

Cosa ne pensi della proposta della decisione di chiudere i ristoranti in base alle regole del nuovo DPCM? 

“Il nuovo DPCM ha danneggiato pesantemente tutto il settore della ristorazione, già indebolito dal primo lockdown, e si sta trasformando in un vero e proprio disastro economico. Io, così come la maggior parte dei miei colleghi, ho dovuto chiedere dei  finanziamenti per sopperire alle chiusure e alle normative sanitarie a cui abbiamo dovuto adattare i nostri ristoranti dopo la prima ondata, indebitandomi.

Con le nuove chiusure c’è il rischio di dover chiedere un nuovo finanziamento per pagare il primo. Quella che descrivo è una situazione diffusa che rischia di mettere in ginocchio l’intero comparto della ristorazione italiana, uno dei fiori all’occhiello della nostra economia”.

Quando pensi sarà possibile tornare a pieno regime?

“Non ne ho idea. Mi auguro il più presto possibile ma la situazione attuale non mi lascia ben sperare. Abbiamo da poco superato la metà di novembre, dovrebbero mancare 2 settimane al fatidico 3 dicembre, data ultima per tirare le somme e immaginare la riapertura dei ristoranti, ma non c’è cenno di diminuzione nella curva epidemiologica.

La cosa mi preoccupa molto perché se si dovesse ipotizzare un prolungamento della chiusura di altri 15 giorni, arriveremmo a metà dicembre. Vorrebbe dire aver perso i 3 mesi (ottobre, novembre e dicembre) più importanti e redditizi per il nostro settore. Un gap impossibile da recuperare tra gennaio e marzo, sempre che la situazione volga in positivo”.

Sei soddisfatto degli aiuti promessi dal governo? Hai dovuto mettere tutto il personale in cassa integrazione in questo periodo?

“Purtroppo no, riconosco che ci sia stato uno sforzo che definirei apprezzabile ma non è minimamente sufficiente a sostenere il settore a fronte delle ingenti perdite che ha dovuto affrontare a causa delle chiusure forzate per 3 mesi, la scorsa primavera, e quella attuale. La cassa integrazione è di sicuro un aiuto per l’imprenditore, ma uno strumento inadeguato per i dipendenti che si trovano a dover sopravvivere con uno stipendio decurtato del 25-30%.

I nostri dipendenti sono giovani e migrati su Milano da altre città. Così non riescono a pagare nemmeno l’affitto per cui molti sono costretti a tornare a casa e, forse, non avranno più le possibilità economiche per ritornare. Una grande perdita di professionalità per il settore e per noi che investiamo tanto in formazione sul personale.

Ciò nonostante, con lo stop totale delle attività, sono stato obbligato a mettere in cassa integrazione una dozzina di dipendenti. Ho potuto tenere operativo solo un numero ristretto di dipendenti, quelli che mi aiutano a portare avanti l’attività di delivery”.

La tua proposta gastronomica è cambiata pre e post lockdown? Hai fatto delivery? 

“No, la proposta non è cambiata molto. Abbiamo solo cercato di semplificarla un po’ perché queste continue aperture ed interruzioni rendono il nostro lavoro molto complicato, oltre che molto dispendioso. Il corretto stoccaggio delle materie prime fresche, infatti, è un elemento indispensabile della nostra professione e segue delle regole che in questo modo sono totalmente saltate. Ogni volta che chiudiamo dobbiamo disfarci di molta materia prima che non possiamo utilizzare disperdendo, così, diverse migliaia di euro.

Da questo punto di vista ci viene in aiuto il delivery che abbiamo iniziato lo scorso maggio con Cosaporto.it, servizio di Quality Delivery che grazie alle garanzie di qualità del servizio ha saputo riunire al suo interno grandi firme della ristorazione e della pasticceria nella città di Milano. La scelta di aprirsi al delivery non è solo un modo per reagire alla situazione sanitaria contingente, che impone di mettere la sicurezza personale prima di tutto, ma anche un’opportunità per proporre ai propri clienti nuove modalità di consumo.

Sul mio shop Cosaporto sono presenti menu dedicati, come quello attuale del tartufo bianco, o piatti tipici della mia cucina e della tradizione italiana. Inoltre, da pochissimo, abbiamo inaugurato lo shop online dove è possibile prenotare e acquistare in tutta Italia le tipicità dolciarie della tradizione natalizia come pandoro, panettone e praline”.

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