Dall’aspetto al sapore, fino agli errori più comuni: il maestro cioccolatiere Davide Comaschi e il produttore Emanuele Ancillai ci spiegano come distinguere un cioccolato di qualità e perché c’è ancora troppa disinformazione su questo tema.
Un piacere che merita consapevolezza
Il cioccolato è ovunque: scaffali dei supermercati, vetrine delle pasticcerie, pubblicità accattivanti che promettono esperienze di gusto straordinarie. Eppure, in pochi sanno davvero riconoscere un buon cioccolato e ancor meno lo degustano nel modo corretto. Rispetto a settori come il vino o il caffè, dove la cultura della qualità e della degustazione è ormai consolidata, il cioccolato rimane spesso relegato a semplice dolcezza. Ma come si distingue un prodotto di eccellenza da uno mediocre? Quali errori commettiamo quando scegliamo una tavoletta o una pralina?
Per rispondere a queste domande, abbiamo intervistato Emanuele Ancillai, titolare e tecnico ricettista de Il Casale di Spanora, fabbrica artigiana di cioccolato e miele in provincia di Roma, e Davide Comaschi, maestro cioccolatiere di fama internazionale e vincitore del World Chocolate Masters. Con loro abbiamo esplorato i segreti della degustazione del cioccolato e analizzato perché, su questo tema, la cultura è ancora carente.
Il cioccolato richiede sapere e approfondimento tecnici: parola di Emanuele Ancillai
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“La conoscenza sul cioccolato è ancora limitata, ma chi lo produce deve essere il primo ad essere formato e consapevole” afferma Emanuele Acillai. Spesso si ignora quanto il metodo di lavorazione influisca sulla qualità finale del prodotto. Ancillai spiega che il cioccolato de Il Casale di Spanora è ottenuto attraverso una macinazione a pietra, che preserva i polifenoli naturali della cabossa (il frutto del cacao) ed elimina l’acidità in eccesso. “Produciamo due linee principali: il cioccolato grezzo e il cioccolato finissimo” racconta Ancillai. Il cioccolato finissimo viene raffinato con un mulino a sfere di ceramica indurita, che non si consumano nel tempo e garantiscono un effetto vellutato e un’aromaticità superiore dell’8% rispetto ai metodi tradizionali con sfere d’acciaio, che possono rilasciare nichel nel prodotto finale.
L’azienda utilizza cacao Criollo, considerato il migliore al mondo per qualità e finezza aromatica, sebbene rappresenti solo il 2% della produzione globale. Il Criollo viene miscelato con il Trinitario e proviene da aziende agricole che seguono rigorosi standard europei sui pesticidi. “Molti consumatori non sanno che il cacao lavorato con pesticidi non regolamentati può contenere alti livelli di metalli pesanti” avverte Ancillai. Un’altra differenza sostanziale tra il cioccolato artigianale e quello industriale è l’uso dei solfiti, sostanze impiegate nelle produzioni di massa per ridurre l’acidità del cacao e aumentarne la shelf life. “Noi abbiamo una filiera più corta e controllata, quindi non usiamo questi metodi” sottolinea. Inoltre, il cioccolato artigianale non prevede l’uso di cacao in polvere o burro di cacao separati, elementi che nell’industria vengono miscelati per standardizzare il gusto ma che allontanano il prodotto dalla sua purezza originaria.
Ma in fase di degustazione cosa bisogna tenere presente per distinguere un buon cioccolato da uno di scarsa qualità? “È bene avere pazienza e ricordarsi sempre di sciogliere un pochino in bocca il cioccolato: si scioglie a 37°, che è esattamente la temperatura della nostra bocca. Mentre invece un cioccolato non buono si scioglie già a 22°, perché i surrogati contengono olio di palma”. “Noi produciamo anche un cioccolato dove il miele sostituisce lo zucchero, come si faceva secoli fa. Gli enzimi del miele interagiscono con quelli del cacao e, senza influenzarne il sapore, ci permettono di avere un prodotto finale più amalgamato ed emulsionato”.
L’esperienza di Davide Comaschi: il cioccolato come cultura ed esperienza sensoriale
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Addentriamoci nel mondo della degustazione del cioccolato: quali sono i segnali visivi e olfattivi che un consumatore dovrebbe osservare per capire se un cioccolato è di qualità?
Prima di tutto bisogna osservare il colore. Se il cioccolato è troppo scuro, e vale anche per quelli con la percentuale di cacao più alta, allora non siamo di fronte ad un buon prodotto. In seconda battuta è bene scaldare un pochino tra le mani il cioccolato: in questo modo gli diamo la possibilità di sprigionare gli aromi che troveremo anche al palato, ma allo stesso tempo si percepisce se c’è stata della sovratostatura. Con l’aumento della temperatura, anche se di poco, i difetti emergono. Se stiamo acquistando un cioccolato fondente, ovviamente il primo ingrediente riportato in etichetta non deve essere lo zucchero. E se parliamo di un cioccolato da degustazione e non da grande distribuzione, vale la regola aurea meno ingredienti, maggior cura nella produzione.
La percentuale di cacao è sempre un indicatore di qualità oppure è un mito figlio del marketing?
In questo caso è opportuno precisare che, esattamente come per un vino, il cioccolato si dovrebbe scegliere e acquistare per il profilo aromatico di una tipologia o di un’altra, e non per la percentuale di cacao in esso contenuta. Esistono dei cioccolati al 99% lavorati bene che in degustazione sono molto più amabili di prodotti lavorati male con una percentuale di cacao più bassa. È sempre la qualità a fare la differenza.
Quali sono gli errori più comuni che i consumatori fanno quando scelgono un cioccolato?
Quando si compra una tavoletta di cioccolato sono in monti a non leggere nemmeno l’etichetta, affidandosi unicamente al marketing. A volte davanti alla vetrina di pasticcerie e cioccolaterie si sceglie ciò che cattura l’attenzione, ma, per esempio, anche le più belle e colorate praline nascondono un uso spesso eccessivo di coloranti, e questi concorrono a deviare il sapore del cioccolato. Io cerco di usare sempre cioccolato in purezza.
Come possiamo allenarci a riconoscere le sfumature di gusto?
L’unica via è assaggiare, assaggiare. Assaggiare tanti e diversi cioccolati. E sapere che se sento l’amaro e l’acido non è un buon segno. Anche il sovratostato, l’astringente e il tannico sono difetti. Per un cioccolato di qualità si sentono fiori, frutta, fiori, erbe, creme. I precursori aromatici si sviluppano in fermentazione e vengono esaltati durante la fase della tostatura.
Abbiamo capito che la temperatura influisce sulla percezione dei sapori del cioccolato. Come va conservato e servito per esaltarne al meglio le caratteristiche?
Il cioccolato non va a male ma se non correttamente conservato subisce delle variazioni organolettiche che gli fanno cambiare gusto. Un luogo fresco e asciutto va benissimo. La confezione deve essere sempre ben chiusa, e se non fosse più integra, meglio optare per un contenitore ermetico lontano dalla luce del sole. Sarebbe ottimale conservarlo in una cantinetta vini, se ne si possiede una. Ma mai in frigorifero!
C’è una differenza tra degustare un cioccolato artigianale e uno industriale? Se sì, quali sono gli elementi più evidenti che emergono durante la degustazione?
L’industria lo sa lavorare molto bene perché ha dalla sua tecnologia e macchinari all’avanguardia. Ma non sa cosa succede in piantagione. Poi ci sono le piccole aziende che hanno il controllo di tutta la filiera e riescono a garantire qualità su tutti i fronti. E poi ci sono gli artigiani, che scelgono quale cioccolato acquistare per le lavorazioni nei loro laboratori. Possono sceglierlo da grandi o piccoli produttori, e questo farà la differenza durante la degustazione.
Oggi c’è ancora poca cultura sulla degustazione del cioccolato rispetto, per esempio, al vino o al caffè. Secondo te, cosa manca per educare il pubblico a una maggiore consapevolezza?
Sì, manca cultura, manca informazione. Siamo a livelli preistorici rispetto ad altri comparti ma ci stiamo muovendo. Manca anche fare squadra per il bene del business di questo settore. Quel che posso dire per ora, è che trovo positivo l’innalzamento dei prezzi, che fino a qualche anno fa era impensabile e denotava ancor di più quanto poco si conoscesse il mondo cioccolato. Così diamo dignità a chi il cioccolato lo fa davvero, i coltivatori in piantagione: deve essere una crescita anche per loro. Affiancarli in piantagione per far loro formazione è un valore aggiunto per tutte le parti coinvolte e chiunque dovrebbe farlo.