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Àbitat: cuore e mente nella proposta di Mirko Gatti

àbitat

Non un semplice ristorante ma un vero e proprio ecosistema che dalla natura circostante porta nel piatto una cultura gastronomica di alto livello che stupisce i sensi attraverso tecniche sopraffine. Àbitat di Mirko Gatti e Sara Pau porta nel futuro la cucina ancestrale fatta di fuoco, foraging e fermentazioni.

L’evoluzione fa parte della vita. Ed è un processo lento ma inarrestabile che porta, necessariamente, a una trasformazione. Lo sanno bene Mirko Gatti e Sara Pau, marito e moglie che, dopo molti anni di lavoro all’estero, lui in cucina lei in sala, nel 2018 hanno deciso di tornare a casa, a San Fermo della Battaglia, sul lago di Como, per mettere radici e avviare un progetto ristorativo lungimirante, maturo e ambizioso. Radici, infatti, il nome che danno inizialmente al loro sogno: un ristorante incentrato sulla cucina ancestrale. Ma l’indomabile evoluzione, lo scorso aprile, ha portato Radici alla sua prima trasformazione dando vita ad Àbitat (ve ne avevamo parlato qui).

Il format

Àbitat

Stella verde dell’ultima Guida Michelin, Àbitat non è solamente un ristorante ma ha in sé una finalità più illuminata. L’obiettivo dei due patron, infatti, è quello di incuriosire i palati attraverso una cucina primitiva, devota all’esaltazione della natura e delle materie prime che ci offre, ma anche quello di diffondere una cultura gastronomica sulle tematiche da sempre care allo chef: cucina circolare, zero spreco e, ovviamente, le 3 F (fuoco, foraging e fermentazioni).

Questo è possibile grazie alle altre nature di Àbitat che, alla parte ristorativa, affianca un Culture Hub che racchiude i progetti divulgativi di Mirko Gatti e Sara Pau che coinvolgono i partecipanti in attività differenti. Ecco dunque i Foraging Day, giornate organizzate a cadenza regolare durante le quali le persone hanno l’opportunità di accompagnare Mirko nella raccolta delle erbe spontanee. E ancora le masterclass su temi cardine di Àbitat come le cotture su fuoco, le affumicature con particolari tipi di legno e le fermentazioni, funzionali tanto al pairing con i piatti quanto alla conservazioni degli alimenti.

Ma il progetto Àbitat nei prossimi mesi si evolverà ancora e coinvolgerà un Lab, un laboratorio di produzione di infusi e bevande fermentate frutto del lavoro quotidiano del team.

“Il futuro di Àbitat non sarà solo la parte del ristorante, che rimarrà comunque centrale. Oltre alle esperienze sul campo punteremo a realizzare delle collaborazioni con altri chef ma l’obiettivo principale sarà passare alla produzione di prodotti, alla ricerca e allo sviluppo. Non ci dispiacerebbe anche aprire dei pop up, sono cose che possono dare ispirazione ed energia. Benzina per evolverci ancora” racconta Mirko.

Il locale

Àbitat

Il ristorante è come una tavolozza su cui prendono vita i punti cardine del format Àbitat. A partire dalle grandi vetrate che rendono accessibile la vista degli interni già dalla strada così come, attraverso il Culture Hub, Mirko Gatti vuole rendere comprensibile la sua filosofia di cucina a tutti i partecipanti.

Candide pareti e mise en place minimalista esaltano così i complementi di arredo come le pellicce sulle sedute e le decorazioni murali realizzate con le ossa degli animali. Un’esaltazione estetica del concetto di cucina primitiva e di natura selvatica.

Alla natura richiamano anche le erbe lasciate essiccare proprio in mezzo alla sala, appese in fascine che pendono quiete dal soffitto, decorando e profumando l’ambiente.

Ma è il grande scaffale accanto all’ingresso che cattura l’occhio. Un tripudio di barattoli colorati che al loro interno racchiudono erbe e fermentati, linfa vitale della proposta gastronomica.

La filosofia di cucina

“Ho sempre amato questo tipo di cucina. Per sedici anni ho lavorato all’estero e in ogni esperienza che ho vissuto ho sempre cercato questo tipo di realtà. Volevo imparare la tecnica del fuoco vivo per riportarla qui, dove sono nato” racconta Mirko.

Fuoco vivo, dunque, ma, come dicevamo, anche Foraging e Fermentazione. Una triade antica, popolare, legata a pratiche ormai dimenticate ma che, nei secoli, hanno portato l’essere umano ad ascoltare la natura, assecondandone i ritmi e studiando modalità efficaci per conservare e consumare gli alimenti.

“Nella costruzione dei piatti parto dall’ingrediente. Il mio è un approccio abbastanza scientifico. L’ingrediente è totalmente ispirazionale poi in base all’ecosistema, l’abitat, che voglio mettere nel piatto traggo l’impulso e inizio a studiare e a buttare giù idee. Poi nel tempo il piatto si migliora. L’anguria, ad esempio, ci lavoriamo da tre anni. La pancia di maiale anche, inizialmente era uno spiedino. Era un piatto completamente differente ma si è evoluto. Molto importante nell’ideazione del piatto per me è anche l’estetica. Prima immagino il piatto, poi penso agli abbinamenti e ai giochi di consistenze”.

“Le nostre sono lavorazioni molto lunghe, soprattutto quando c’è la fermentazione. Lì l’ingrediente principale è il tempo. A volte può volerci oltre un anno di fermentazione quindi deve esserci una buona programmazione. Ora, ad esempio, stiamo lavorando al menu autunnale che sarà sulla foresta. Stiamo già lavorando a un piatto che vedrà protagonista un fungo tagliato con una tecnica giapponese aprirsi come un fiore a contatto col brodo caldo. Ora siamo in estate e non abbiamo reperibile quella particolare tipologia di fungo quindi stiamo provando i piatti con i funghi che abbiamo ma, ovviamente, il risultato e il sapore finali saranno diversi“.

I piatti

Il menu di Àbitat, che varia seguendo l’andamento delle stagioni, è suddiviso in proposta alla carta e ben tre menu degustazione: “Taste of Nature”, 11 portate che celebrano la ricchezza estiva di erbe e fiori, “From Waste to Taste”, che in 7 portate riassume il concetto di cucina circolare caro a Mirko Gatti, e “Roots”, di 4 portate, che racchiude i piatti più iconici dello chef.

La carta estiva, tripudio di profumi e sapori, si compone di portate di grande equilibrio che stupiscono per abbinamenti e divertenti giochi di consistenze. Così come il Dumpling di medusa che arriva in tavola come amuse bouche accompagnato da una candela di grasso di cervo con crema di lamponi lattofermentati e olio di ginepro da gustare, una volta sciolta, inzuppando il tiepido panino home made insieme a un calice di spumantino realizzato con la fermentazione naturale dell’olmaria, pianta ricca di proprietà benefiche, e sambuco.

Assolutamente da non perdere anche la Ceviche di rapa frollata dry aged con rabarbaro fermentato e limone di rabarbaro, una lavorazione che, a seguito del congelamento, ne favorisce la spremitura che dona un sapore dolce e amaro alle fettine di rapa.

Fresca e dissetante, la Kombucha di zenzero è l’intermezzo ideale per preparare il palato a uno dei cavalli di battaglia di Mirko: il Fungo cardoncello cotto lentamente alla brace, caramellato con una salsa realizzata con lo stesso fungo e semi di papavero. Carnoso, succulento e dall’intenso gusto umami, è un piatto che stupisce anche per la sua attenta lavorazione.

” Cerchiamo di utilizzare tutte le parti delle materie prime. Come nel Fungo. Difficilmente viene servita solo una parte. Noi utilizziamo i funghi più carnosi che possono reggere la cottura alla brace. Non tocca mai la fiamma, è una cottura molto delicata. Uno pensa alla brace e pensa alla fiamma ma ci sono mille modi di cuocere alla brace”.

Gustosa e appagante la Pasta in brodo, tipo ramen, con coda di manzo, crescione e salsa di interiora di pesce, così come la Pancia di cinghiale cotta nel legno di betulla, frollata in pasta di aglio nero e alga kombu servita con mela cotogna ghiacciata da spremere sopra. Due piatti che, seppur ricchi di ingredienti e realizzati con lunghe preparazioni, con eleganza coinvolgono e ingolosiscono tutti i sensi.

Ma la curiosità raggiunge il suo apice con un altro piatto, un vero e proprio trompe-l’oeil: l’Anguria marinata, frollata e fermentata cotta poi a fuoco e laccata con salsa di rosa canina. Servita come un filetto, la sua consistenza, frutto di una lunga lavorazione che ne rompe le fibre prima della cottura, ricorda quella della carne così come la parte bianca dell’anguria riporta alla memoria il grasso del manzo. Un gioco divertente anche grazie al perfetto abbinamento (anche cromatico) consigliato da Sara Pau: un succo di amarena e gelsomino.

Da provare anche il dessert: un caglio di latte vegetale con cioccolato bianco, olio ai fiori di tagete e composta di fiore di monarda. Fine pasto ideale insieme a un bicchiere dissetante di succo di pino mugo con estratto di oli essenziali.

Ci si alza arricchiti dalla tavola di Àbitat. Si ha l’impressione di aver fatto un viaggio nella cultura e nella natura del luogo. Si esce con i profumi dei boschi nel naso e i sapori della terra in bocca. Un’esperienza a tutto tondo, mai banale o scontata, verde e luminosa come la Stella che brilla da oltre un anno.

Info utili

Àbitat

Via H. Dunant, 1 San Fermo della Battaglia – Como 22042

Tel:  342 949 6222

Sito

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