<<Un’avventura culinaria per i sensi e per far viaggiare le emozioni sulle montagne russe>>. Il racconto dell’italiano Alessandro Sgariglia, Assistent Head Sommelier al resort 5 stelle Constance Lemuria di Praslin alle Seychelles, a cena da Gaggan.
<<Arrivare in Thailandia a Bangkok dalle Seychelles è l’equivalente di infilare la testa in una lavatrice perennemente in centrifuga. Non c’è pace, non c’è riposo. Ma ne valeva la pena se sei appassionato di food. Lì, la cucina è per tutti i tipi di palati, che a differenza del Vecchio Continente non si classificano in base alla raffinatezza o al tipo di dieta, ma tengono invece conto del coraggio e del livello di tolleranza alla capsaicina. In più, mi aspettava un’esperienza straordinaria da “Gaggan”, il locale numero 1 in Asia secondo la prestigiosa classifica dei 50 Best restaurants>>, racconta il romano Alessandro Sgariglia, Assistent Head Sommelier al resort 5 stelle Constance Lemuria di Praslin, dove si è trasferito tre anni fa.
Un’avventura enogastronomica che lo ha segnato, facendogli capire ancora di più come vuole interpretare la sua professione e quale direzione intraprendere, proprio nella capitale mondiale dello street food, <<dove c’è sempre qualcosa che bolle nella pentola – letteralmente – o che frigge, o che cuoce sulla griglia, a qualsiasi ora del giorno e della notte>>.
Com’è stato l’impatto con Bangkok?
<<Atterro alle ore 18 di un mercoledì sera dopo quasi 20 ore di viaggio. Il clima umido mi abbraccia appena metto la testa fuori dall’aereo. Mi accoglie un tramonto limpido, senza quella coltre di smog che spesso affligge questa città asiatica. Salgo sul taxi e il giovane autista mi avvisa che ci potrebbe volere circa un’ora per percorrere i 20 chilometri che separano l’aeroporto dal centro. Durante la corsa, mi arriva un messaggio da un numero thailandese: “Ciao Alessandro! Non vediamo l’ora di accoglierti domani sera! Ti ricordiamo la tua prenotazione per le ore 21 e ti consigliamo di considerare l’entità del traffico e muoverti in anticipo. Il nostro ristorante si trova in Soi Sukhumvit 31, ecco qui il link a Google Map. Segui per caso una dieta particolare, hai allergie o intolleranze alimentari?” Rispondo telegrafico: “Nessuna allergia. Solo al cattivo cibo”>>.





Perché scegliere “Gaggan”?
<<Gaggan Anand è uno chef indiano di Calcutta, con un passato da batterista in una band rock, una internship nel research team del ristorante catalano “El Bulli” di Ferran Adrià Acosta, tre stelle Michelin e più volte miglior ristorante del mondo. Gaggan invece è stato il primo chef indiano a essere insignito del riconoscimento della Guida Rossa con la stella. A Bangkok dal 2006, il manifesto del suo ristorante è sintetizzato come “Un teatro del cibo, con cucina indiana progressive”. Famoso per aver portato la cucina indiana nel mondo del fine dining e per essere fuori dagli schemi, Gaggan, dopo aver chiuso il suo omonimo ristorante 2 stelle nel 2019 per via di un diverbio con i suoi partners, riapre dopo un anno “Gaggan”. Stessa filosofia, ma esperienza rivoluzionata: niente tavoli, solo un banco a ferro di cavallo che circonda la cucina a vista e completamente aperta. L’obiettivo, stavolta, è superare i confini del fine dining, considerato spesso rigido, e fornire “un’avventura culinaria per i sensi e per far viaggiare le emozioni sulle montagne russe”>>.
Partiamo dalla prenotazione. È facile trovare posto?
<<Io attraverso il sito web l’ho fatto due mesi prima per assicurarmi il posto. È abbastanza rapido, con una dettagliata spiegazione delle policy del ristorante: solo 14 posti, no gruppi maggiori di 6 persone, il prezzo di circa 450 euro (incluso l’abbinamento vino o bevande non alcoliche, come estratti, kombucha, tè, tutte create in cucina); ancora: no minori di 18 anni, no marijuana durante la cena e possibilmente neanche prima, per non rischiare di alterare l’esperienza gustativa della cena. Si precisa poi l’impossibilità di accomodare variazioni nel menu per ospiti vegani o allergici al coriandolo e al peperoncino. Si vietano le bottiglie da casa. I completi e le cravatte non sono i benvenuti. Si paga in anticipo e non c’è nessuna politica di rimborso per la cancellazione, in nessun caso>>.
Che ambiente si trova ad accogliere i clienti?
<<Arrivo al locale con una decina di minuti di anticipo, in una stradina leggermente defilata dalle arterie caotiche della città. Mi fanno accomodare su una bassa sedia di ferro in un piccolo cortile fuori dalla sala. Mi offrono dell’acqua e un asciugamano fresco per alleviare la sensazione perenne di umidità. Uno scintillante neon blu elettrico accende l’atmosfera nel buio dove una gigantografia del viso dello chef mi guarda dal piano superiore. Lui non ci sarà, vengo informato. Poco male, sono lì per la sua cucina in fondo, non per vederlo. Alle ore 21 in punto ci fanno accomodare nella sala accogliente e comoda, dallo stile light industrial, ingentilito da luci calde e fioche di pochi punti del banco. Per un attimo mi è passata per la mente l’idea di essere al cinema. Ancora un neon, stavolta arancione, brilla da una parete in fondo disegnando un “Be a Rebel”. Poi capirò perché. Sono emozionato. Inizia lo show>>.






Dicci di più…
<<La cucina è illuminata a giorno e conto 8-10 cuochi, due camerieri, l’head chef, il maître e il sommelier. Il team è giovane e multi-culturale, originario per lo più da Paesi come l’India, la Thailandia, la Colombia, il Portogallo, la Serbia e la Cina. Hanno tutti un’aria divertente, spavalda, informale, ma professionale ai limiti del maniacale. Ci spiegano come andrà la serata, aggiungono qualche suggerimento per farcela godere al meglio. La musica suona alta e avvolgente, con sonorità rock ’n’ roll, mentre la cucina inizia le sue preparazioni. Il servizio si svolge in cinque atti, per 25 portate>>.
Con che si parte?
<<Il primo atto è dedicato all’India, il secondo al Giappone, il terzo alla Thailandia e il quarto è una fusione dei precedenti stili, ingredienti e tecniche di cucina per creare qualcosa di nuovo e sorprendente. L’atto finale sono i dessert. I vini in abbinamento sono 9, nessun blasone, solo piccole produzioni che seguono per lo più un approccio di minimo intervento in vigna e in cantina. Si va dagli Champagne ossidativi ai Gruner Veltliner, dagli orange wine dalla Serbia ai Merlot dalla Slovenia, dai rosé particolarmente estratti ai Riesling vintage. Nessuna carta dei vini, però. Si beve questo e basta, ci si affida. Vladimir, il sommelier, spiega che queste scelte sono pensate per avere massima resa nell’esperienza e per avere una sala omogenea ed equa mentre va in scena la cena. Il servizio ha un ritmo giusto. Mai troppo incalzante, né eccessivamente lento>>.
Si viene guidati nel percorso culinario?
<<Sì. Rahul e Fabio si alternano spiegando il tipo di lavoro fatto per realizzare le pietanze e la storia di ciascuna di esse, come anche che tipo di risultato si cerca di raggiungere. Parlano molto, intrattengono, scherzano e non risultano mai pedanti. C’è chiaramente un copione, ma la passione e l’entusiasmo della sala rendono il percorso autentico e credibile. Vladimir, allo stesso modo, racconta i suoi vini e rabbocca i calici generosamente, se si accorge che la sua bottiglia è stata gradita. Questo anche scalda l’atmosfera. A ogni atto della cena è abbinata una playlist il cui volume si alza ogni volta al momento dell’assaggio, per aggiungere qualcosa in più all’esperienza sensoriale, facendo risuonare rock bands thailandesi, colonne sonore di anime giapponesi, pezzi intramontabili dei Beatles e di Bon Jovi, o dei più pop Backstreet Boys. Così, non è raro che la sala diventi un grande coro collettivo tra una portata e l’altra. Parlare con il tuo vicino, se in compagnia di qualcuno, potrebbe essere complicato: ma non si viene da “Gaggan” per fare quattro chiacchiere e una cena tranquilla e rilassante. A questo punto mi è chiaro>>.
E come sono le portate? Tutte convincenti?
<<I piatti sono una sorpresa continua. Gli ingredienti e le tecniche fantastiche. Si gioca con consistenze, temperature. Quello che è non è quasi mai ciò che sembra, e quello che pensavi di sapere viene smentito da un sapore e sapere nuovi. Non esistono posate, da “Gaggan” si usano le mani, alla maniera indiana. Vengono servite bacchette e forchette solo per due portate. Il menu spazia tra tanti sapori, sorprese, comfort food e qualche pietanza estrema. Tra le proposte più memorabili, a mio gusto, ci sono: lo “Yogurt Explosion”, un cucchiaio di yogurt sferificato, piatto iconico di “Gaggan”; il gelato di curry e capasanta con guscio edibile; il fiore di asparagi, miso e fragole; il cervello di capra in saté, plasmato a forma di cervello intero e fluorescente (le luci si spengono dopo averlo servito, per farlo brillare). Per concludere, ecco il “Pink Guava Yougurt Honey”, un composto di creme a forma di fiore di ciliegio che va leccato via direttamente dal piatto. E così ho fatto, con tanto di video per non dimenticare!>>
Quanto dura il rituale?
<<Poco più di due ore. Ma è tutto divertente, brillante, decisamente superlativo il cibo. Forse un’esperienza culinaria non per tutti, ma sicuramente non lascia indifferente nessuno. Vado via col sorriso sulle labbra e ripenso a quel “Be a Rebel”. Per essere ribelli e anche i numeri uno serve una buona dose di pazzia, tecnica e coraggio. E il risultato è un’esperienza incredibile. Spero, prima o poi, di trovare qualcosa del genere anche dalle nostre parti. Magari la soluzione in Italia è proprio cominciare a essere un po’ ribelli>>.