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Vino: biologico, biodinamico o naturale?

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Che differenza c’è tra una produzione biologica, biodinamica e naturale? Facciamo un po’ di chiarezza.

Negli ultimi quindici anni circa (ma anche di più) siamo stati inondati da accezioni legate al vino, alcune delle quali hanno preso più piede e sono divenute cavalli di battaglia di molte aziende e parametri di valutazione anche condizionanti per chi acquista.

Premettendo che chi scrive non vuole stilare una classifica del buono o meno buono o creare un podio di eticità, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul tema. In un periodo storico nel quale l’attenzione alla qualità e alla sostenibilità è molto alta, c’è allo stesso tempo molta confusione attorno alle varie forme di produzione vinicola genuina.

Quando parlo di fare chiarezza, intendo fare luce se non altro sulla conoscenza tra le varie differenze a parità di valori condivisi.

Cosa differenzia, dunque, una tipologia di produzione dall’altra? Alla base c’è senz’altro la condivisione dei medesimi valori fondativi, cioè il rifiuto di utilizzare sostanze chimiche, l’attenzione all’ambiente, la rotazione delle colture; si differenziano però perché regolamentate in modo differente.

Prima di tutto è bene chiarire che i tre termini non sono sinonimi ed anzi, l’unico riconosciuto a livello legislativo è esclusivamente il vino biologico, quello da cui la nostra analisi partirà. Tendenzialmente, un vino biodinamico è ritenuto di qualità superiore rispetto ad un vino biologico, ma è bene precisare che dare una risposta sulla veridicità di questa affermazione è difficile, se non impossibile, in quanto prima di tutto bisognerebbe stabilire su quali canoni viene stabilita la “qualità” stessa del vino.

Se dovessimo far riferimento ai prodotti aggiuntivi utilizzati durante la produzione, probabilmente potremmo considerare un vino biodinamico di qualità superiore ad un vino biologico, ma siamo certi che sia questa la variabile da tenere in considerazione per la valutazione di un vino? Sicuramente una produzione biodinamica può ritenersi più attenta alla Natura, ai processi biologici, ma quanto di tutto ciò si trasforma in “qualità aggiuntiva”? L’ardua sentenza, come sempre, ai posteri.

Il biologico

Iniziamo con il vino biologico, dunque. Inizialmente si poteva parlare solamente di “vino prodotto con uve da agricoltura biologica”. Grazie ai nuovi regolamenti, oggi è tutta la produzione del vino ad essere gestita da norme ben precise. Possono utilizzare il logo Bio solo i produttori che utilizzano esclusivamente uve coltivate con metodi di agricoltura biologici: senza sostanze chimiche e senza Ogm, oppure quelli che effettuano la vinificazione con aggiunta di solfiti molto limitata rispetto ai vini convenzionali o che utilizzando solo i prodotti enologici seguendo processi che evitano l’introduzione di sostanze chimiche usate abitualmente per correggere il vino.

Il biodinamico

Il vino biodinamico, invece, è ottenuto da agricoltura biodinamica che, di fatto, rappresenta molto più una filosofia di vita che una pratica agricola: essendo l’azienda biondinamica concepita come un unico organismo vivente e vitale, anche solo una pianta malata viene concepita come un problema per l’intero sistema. Pur non essendo ancora riconosciuta a livello legislativo, questa tipologia di agricoltura è regolamentata dall’associazione Demeter e mira ad allontanare completamente la chimica e a ridurre al minimo l’uso di macchinari: l’agricoltura biodinamica si basa sul rispetto del corso della natura e sull’utilizzo di preparati biodinamici in determinate fasi dell’anno. Il risultato sarà la nascita di piante naturalmente sane, di alta qualità e in grado di difendersi autonomamente dai parassiti. Così come il vino biologico, anche il vino biodinamico non azzera i solfiti ma li limita maggiormente.

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Il vino naturale

Per quanto riguarda il vino naturale invece, dovremmo innanzitutto soffermarci sull’appropriatezza del termine naturale: a voler essere precisi, in realtà non esiste un vino naturale nella sua accezione, il vino è, e sarà sempre e comunque, frutto delle azioni dell’uomo atte a crearlo attraverso procedimenti specifici a seconda della tipologia di realizzazione.

Questo concetto andava comunque chiarito subito per non cadere in false mitizzazioni che possano condurre a idee sbagliate sull’argomento. La categoria del vino naturale è anche la più difficile da definire: se per il biologico, infatti, abbiamo un regolamento europeo e per il biodinamico, invece, la certificazione delle uve e uno standard per la produzione con linee guida precise, per il “naturale”, invece, non esistono certificazioni né tantomeno norme o pratiche ufficialmente riconosciute, e la parola stessa è piuttosto vaga. Volendo cercare una definizione, dobbiamo pensarlo, più che come una categoria di prodotti, come al risultato di un movimento, una corrente che nasce dal rifiuto della standardizzazione e dalla volontà di preservare l’individualità di un’etichetta, nel rispetto del territorio da cui proviene, con la sua storia, la sua cultura, la sua arte e attribuendo una forte identità anche al “vignaiolo”.

In ogni modo, questa tipologia di vino viene realizzata invece senza additivi chimici né manipolazioni o aggiunte e anche in questo caso, tuttavia, esistono alcune sfumature: le vigne, tutte a bassa resa, sono trattate solo con sostanze naturali come zolfo e rame, ridotte al minimo. Anche se non dovrebbero essere aggiunti a quelli che si sviluppano naturalmente durante la fermentazione alcolica, se si verificano annate particolarmente carenti, i solfiti possono essere utilizzati, ma in quantità minime.

Le differenze

La principale differenza tra questi vini, dunque e in sostanza, è che il Bio ha una valenza legale differente rispetto al Biodinamico e al Naturale: la certificazione biologica, infatti, è regolamentata da leggi italiane ed europee e l’ultimo intervento dell’Unione Europea in materia, è stato l’approvazione di un regolamento che ha definito in modo più preciso in che cosa consistono i metodi di produzione biologici ed ha inoltre reso obbligatoria la certificazione dei prodotti presso uno degli organismi di controllo privati. Come dicono gli inglesi, poi, on top ad ogni ragionamento, quello che il Tempo ha apportato nella consapevolezza di tutti è che, mentre inizialmente questa tipologia di vini era considerata economicamente più cara e tutto sommato non così caratterialmente rilevante, oggi come oggi invece, ci si imbatte sempre più in vini che hanno sviluppato un carattere importante ed una qualità intrinseca ormai oggettivamente valutabile da tutti. 

Nella speranza di aver contribuito a fare un minimo di chiarezza sulla questione, certamente una certezza emerge in maniera lampante ed altrettanto apprezzabile: siamo di fronte, in ogni caso, a tre approcci che portano in dote due grandi valori come il rispetto per Madre Natura e per l’Uomo e la sua salute. Fatta chiarezza su questo aspetto, la scelta ora passa a voi ma in maniera, speriamo, più piacevolmente consapevole!

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