Dall’orto alla tavola: la pizza di Ciro Vitiello si evolve per tornare alle origini in un menu tra sostenibilità e lungimiranza.
Costantemente in evoluzione sia sul piano personale che professionale, Ciro Vitiello titolare della pizzeria Cambia-Menti a San Leucio (Caserta) interpreta la sua professione con estrema responsabilità ed etica, non tralasciando mai la giusta dose di ironia.
Sempre alla ricerca di nuovi stimoli, l’ultimo traguardo raggiunto è stato la realizzazione di un orto a 300 metri dalla pizzeria, per coltivare ortaggi e vegetali, un ritorno alle origini della nostra storia e al contempo un modo per tracciare la strada della sostenibilità alimentare e climatica.
Cambia-Menti: un nome che richiama la sua continua voglia di sperimentare e rinnovare?
“Il nome Cambia-menti per la mia pizzeria nasce in primis per un mio cambiamento personale, dopo anni all’interno del mondo pizza necessitavo di un cambiamento radicale per costruire degli stimoli differenti. La scelta di utilizzare il trattino tra le due parole non è un caso, poiché c’è proprio un cambio di visione, di mentalità nel concepire la pizza e nel modo di fare pizzeria. Credo molto nei cambiamenti in generale, perché cambiare un qualcosa vuol dire fermento, non cambiare mai nulla significa essere piatti.”
Sostenibilità è la parola imprescindibile, la bussola che orienta ogni sua scelta, crede che la sostenibilità ambientale trovi un corrispettivo nella sostenibilità sul piano economico?
“La parola sostenibilità è la chiave del progetto Cambia-Menti, partendo in primis però dalla sostenibilità umana, passando per quella ambientale che comunque crea un’economia differente, perché per fare sostenibilità in pizzeria bisogna abbassare i numeri di coperti ogni sera, nel momento in cui si abbassano i numeri c’è sicuramente un ritorno differente ma hai la possibilità di dedicare maggiore attenzione alle persone che sono sedute al tavolo e quindi di alzare la battuta media. Noi per esempio, lavorando su prenotazione eliminiamo al massimo gli sprechi, riuscendo a trovare corrispettivo sul piano economico. Non a caso faccio parte del movimento dei pizzaioli del cambiamento con i quali condivido il manifesto del cambiamento in cui ci sono regole da rispettare che dovrebbero essere scontate all’interno di una pizzeria ma che purtroppo non tutti seguono.”
L’ironia è stata di sicuro una delle chiavi del suo successo, come nasce la pizza “recensione negativa”?
“Diciamo che di base sono un provocatore, mi piace molto giocare e provocare dando nomi divertenti alle mie creazioni, ovviamente sempre con massimo rispetto. Recensione negativa nasce dopo 4 anni di stop dal mondo pizza, avevo sempre la pizzeria, ma per una mia scelta personale ero fuori dai social, dai contesti e da tutti gli eventi di questo mondo, avevo bisogno di prendermi del tempo per me, visto che lavoro da quando avevo 9 anni. Durante questi anni vedevo che il mondo social e il mondo pizza crescevano in maniera non indifferente, creando fenomeni incredibili, anche persone che non si erano mai approcciate al mondo del cibo e della qualità, sui social spopolavano dando giudizi, pensando di essere critici enogastronomici. Ho iniziato a vedere tantissime recensioni negative in giro, articoli, commenti e ho pensato al fatto che anche la pubblicità negativa può far parlare di sè e attira curiosità. Da lì mi è venuta l’idea di simulare una bruciatura sulla base della pizza, piegando una fetta su se stessa e aggiungendo una polvere di olive nere, dedicandola ai leoni da tastiera”.
La novità del 2024 è un orto a 300 metri dalla pizzeria, per coltivare ortaggi e vegetali per le preparazioni delle pizze. Un sogno di autoproduzione che si è avverato… crede sia un modello replicabile?
“L’orto per me è ovviamente un punto di partenza, purtroppo però l’agricoltura è soggetta a dei cambiamenti a causa della crisi climatica che stiamo vivendo, prima parlavamo di cambiamento ma ora si parla di vera e propria crisi. Io credo che fatta eccezione per la crisi climatica che porta diverse problematiche, il modello sia replicabile e possiamo dedurlo anche dalla storia del nostro Paese, dopo la seconda guerra mondiale il 70% degli italiani erano agricoltori, in ogni famiglia italiana c’è un nonno o un padre che ha coltivato la terra e che coltivava il proprio orto, quindi tutti oggi potrebbero replicare e autoprodursi i propri ortaggi. Ovviamente non si arriva subito a coprire l’intero fabbisogno di una pizzeria, inizialmente il 50% si autoproduce e l’altro 50% lo si acquista. Ma per me è già un grande passo.”