I laghi di Alimini alle spalle. Di fronte il mare turchese otrantino. In mezzo, la macchia mediterranea, il frinire delle cicale, le dune, i gigli di mare tra la sabbia dorata.
Di giorno lido balneare, di sera esclusivo bistrot, Ficodindia Beach & Restaurant è un luogo “esclusivo”, non per le sue pretese economiche ma per l’unicità del suo concetto e per la genuinità delle persone che lo colorano a tinte indelebili.
Chef e patron, Carlo De Iacob, metà fiorentino metà salentino, porta in tavola tavola la sua cucina estemporanea “a tema mare”, che, libera di esprimersi, si reinventa ogni sera per i suoi 25 ospiti, non oltre. Altrimenti verrebbero meno lo slancio creativo e l’attenzione per ciascun convitato.
Apriamo insieme questo scrigno salentino.
“A tavola si conosce l’uomo”. Recita così un antico detto popolare toscano. Ed è vero, in un senso e nell’altro. Osservando con attenzione è possibile decodificare aspetti della personalità di chi condivide la nostra tavola e, se siamo fortunati, si riesce persino captare la sensibilità di chi cucina, ma solo se lo chef ha abbattuto il muro delle aspettative altrui e riesce a trasferire nel piatto il proprio io.
La Cucina di Carlo De Iacob, metà fiorentino metà salentino, è così. Libera, personale, una somma di esperienze gastronomiche ed estetiche.
Sinestesie, rimandi, sensazioni e sapori sull’onda dell’emozione messi a fuoco da tatto, tecnica e sensibilità che definiscono un’identità ossimorica, calma e irrequuieta, solida e mutevole: la sua.
Semplice solo in apparenza, è l’inattesa sorpresa di questo tratto di costa salentina: la spiaggia degli Alimini, tra dune di macchia mediterranea, gigli di mare, frinire delle cicale e mare turchese otrantino.
Il mare non è mai stato amico dell’uomo. Tutt’al più è stato complice della sua irrequietezza.
Jospeh Conrad
Sono arrivato in cucina pian pianino – mi racconta Carlo – di fatto sono fiorentino. Mio padre Architetto, mia Madre Pittrice. Mio zio Orafo. Io ho fatto l’Istituto d’arte, poi Beni culturali all’Università.
Sono rientrato a 16 anni in Puglia. Al Lido dei Pini ho conosciuto Luca (Moriero n.d.r.), che mi ha poi insegnato molte cose sulla cucina tradizionale salentina.
Ma ai tempi facevo il barman per mantenermi gli studi. Mi piaceva molto, ed è stato lì che ho imparato le caratteritiche che deve avere un cocktail, ovvero freschezza, acidità e bocca pulita. Peculiarità che ho trasferito nella mia cucina.
Poi, siccome mi piace studiare, ho fatto anche un corso per diventare Sommelier, poi quello per Sommelier dell’ Olio Evo. Lì ho appreso un altro grande insegnamento riguardo il potere dell’olio e la sua capacità di modificare i piatti a seconda della sua intensità e cultivar. Mi si è aperto un mondo.
Lavorando su questo litorale mi sono innamorato del mare, di questa professione e di questo mestiere. La voglia di aprire FICODINDIA è stata incontenibile. Ho seguito la mia intuizione e nel 2005 abbiamo aperto sulla spaggia degli Alimini.
La Spiaggia degli Alimini, a circa 5 chilometri a nord di Otranto, è a ridosso dei laghetti omonimi. Il canto delle cicale accompagna l’arrivo, così come la fitta macchia a mirto, alloro e ginepro, e la profumata pineta. Il mare, limpido, cristallino, con pennellate di variazioni di azzurro caraibico, è dominato dalle splendide dune di sabbia talcata e da una natura selvaggia e integra.
Ficodindia, è il più piccolo degli stabilimenti di questo selvaggio tratto costiero, e il penultimo dei nati.
Il nome è un omaggio diretto alla pianta simbolo del Mediterraneo: pungente macchia di colore, profilo essenziale, definito e difensivo, nasconde frutti succulenti. Originaria del Centroamerica e naturalizzata soprattutto nell’Italia di mare del Sud – Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna – dopo 17 anni di lavoro (2005-2022), l’immagine del “fico d’india” oggi appare perfetta per definire la dimensione naturale di questo “Beach & Restaurant” legato alla sua sabbia ma non vincolato alla sua terra.
Di giorno stabilimento balneare con tavoli al vento di mare aperti a tutti e un’offerta che punta su piatti semplici come bruschette, friselle, fritture, tartare, insalate e “prodotti da forno” ( o meglio “infornati”) che qui fanno rima con Parmigiana, Millefoglie di pesce spada o Lasagna che inseriscono come “special del giorno”.
Di sera, scende la luce e si accende la cucina di mare. Sofisticata nella sua espressione cromatica e di pulizia d’impiattamenti, il piccolo grande regno di Carlo De Iacob è pensato al massimo per 25 coperti, non di più (semmai, meglio di meno). Oltre quello non accetta perchè cambierebbe il mood del luogo e la dedizione al cliente.
Un lungo percorso che annovera, di base, piatti come Tonno alletterato, cavolfiore in agrodolce e caroselle leccesi; Polpo, crema di carote, carote e pastinaca; Seppie e lime; Gamberi rosa, cipolla rossa di Acquaviva e germogli di pisello; Patata ratta con creme fraiche e caviale; e “Tartare a vivo”. La mia è stata una sontuosa “Tartare di scorfano con caviale di mango e sale Maldon“. I dolci vanno dalla Cupeta Salentina al Tiramisù espresso, al Babà grigliato al timo con crema diplomatica e amarena.
Simone De Siato e Cosimo Russo i suoi due chef di riferimento. Con loro ho un grande scambio di conoscenze, idee, tecniche e qualche citazione nei miei piatti.
L’offerta cambia davvero ogni sera. Pochi coperti e turno unico, perchè si viene qui per rilassarsi. Li sproniamo a fare un percorso. Si può anche scegliere alla carta ma, se il cliente si affida, la nostra gioia è proprio quella di accompgnare l’ospite in una degustazione personalizzata.
Decidiamo a “tu per tu”, in base a quello che ha portato il mare e a come posso caratterizzare quel singolo piatto. Ogni sera è una sfida.
Ad esempio “Polpo alla griglia” è solo un titolo su menu, ma il mio divertimento, anche e soprattutto all’interno dello stesso tavolo, è caratterizzarlo in modo diverso per ogni commensale. Stessa cosa per le seppie, delle quali tengo sacche e fegatini per inventare e divertire con il sapore.
Da Fiorentino amo la carne, il quinto quarto e selvaggina, ma il pesce offre infinite pobilità di combinazioni.
Carne e pesce si mischiano nella mia cucina. Per merenda mia nonna mi faceva i fegatini di pollo, pane e olio. Sono cresciuto con questi sapori. Da una parte la Toscana, dall’altra la Puglia.
Ecco come nascono piatti come la “tartare di tonno con i fegatini di pollo” o l’utilizzo del brodo di pollo nei brodetti di pesce.
Per lui, la cucina di mare è una base, una tela, un punto di partenza con orizzonti multipli da ricercare. Ciò che non manca mai nella sua mise en place sono agrumi e erbe aromatiche, mediterranee ed esotiche. Il mare, la terra, la campagna, la stagione sono la sua ampia tavolozza cui attingere, sono le materie prime che coincidono con le materie artistiche.
La sua cucina lo rappresenta. Il suo piatto icona? Seppia e Lime. La Seppia appare nuda, finta cruda in terra di allievi. Nella sua lucentezza di ceramica, è sola in mezzo al piatto, coperta solo da riccioli di zeste di lime e gocce di Olio Evo di Leccino. Mediterraneo ed esotico, è un piatto di apparente semplice, che nasconde pensiero, tecniche miste e ingannevoli apparenze. Finta cruda, come accennavo, la seppia fa una doppia cottura, una a bassa temperatura, l’altra a vapore. Materia prima di gran pregio, viene servita tipieda. Burrosa al taglio, la sua consistenza è soda, compatta; il lime non è nota aromatica, ma ingrediente calibrato. Così come l’olio Evo, in purezza.
Spiazzate nella sua essenzialità, la sua temperatura fa da tramplino alle note agrumate che si mescolano in aria con quelle del Leccino marcando il tratto dei grandi valori della semplicità e quello di un assioma sempre valido, nella vita come in cucina.
Ficodindia Beach and Restaurant
Contrada Alimini serra 2, 73028 Otranto LE