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Francesco Martucci, Re vichingo e fine pensatore. La Pizza come Arte plastica d’Avanguardia

Siamo oltre la pizza, negli stimoli per la mente, tra le sfide della contemporaneità. Un percorso degustazione di rottura, in rapporto dialettico, che sottrae e supera se stesso attraverso la ricerca di effetti di rilievo e profondità, nuovi contenuti e nuove sintesi, concretezze da mangiare ed espressività da captare. In una parola siamo da “i Masanielli di Francesco Martucci”, a Caserta. E, se si vuole capire, bisogna mollare le cime, abbandonare le certezze, cambiare approccio, fruizioni e riflessioni. 

Credo che il punto sia nelle domande che è in grado di farti porre. Mi spiego. Una pizza, nella sua accezione tradizionale, per quanto ottima, oltre l’ammirazione per la ricerca di ingredienti di nicchia, impasti e farine nobili, può riscuotere il massimo dell’appagamento del palato ma, per quanto sublime, quello rimane il suo regno, quelli i suoi confini.

Ma qui, nella degustazione di Francesco Martucci – percorribile parallelamente all’offerta più classica consacrata quotidianamente dai tanti commensali – siamo in un altro girone. Qui ci si siede e si esplorano terre ignote, senza coordinate, conquistate con audacia e pensiero, come farebbe un Re vichingo, che si muove alla scoperta di nuove assonanze gastronomiche e aderenze d’avanguardia alimentare. Si procede a ritmo in nuove dimensioni d’Arte Plastica Contemporanea.

Plastica. Una parola importante, che quotidianamente si esaurisce nell’indicazione del materiale, ma che invece ha dei significati ricchissimi. Nell’arte ciò che è “plastico” è ciò che viene modellato, che riceve una forma e la mantiene, che ha la capacità di toccare i nostri sensi.

Le arti plastiche sono infatti l’insieme di tutte le pratiche o attività che danno una rappresentazione artistica, estetica o poetica, attraverso forme e volumi. Parliamo di materia che assume tutte le forme possibili, caricandosi di significati.

Nel tentativo di trovare una risposta all’interrogativo «quali orizzonti stia esplorando oggi la Pizza», Francesco Martucci risponde con i fatti e con l’applicazione quotidiana.

Tutto inizia con le tonalità dell’amaro. Arriva un piatto nero.
Nel suo centro un cubo di focaccia asciutta, croccante. Sopra, come uno scoglio ammantato da alghe, la cicoria saltata, l’amaro vegetale. Sopra, l’essenza del riccio di mare, la sua polpa iodata. Le due dimensioni si inseguono, giocano, si scambiano le definizioni, aprono un percorso di comprensione introspettiva. Si Chiama Riccio e Cicoria.

Come per un artista, quella di Francesco Martucci è una tecnica mista su tela alveolata, lì dove lo spicchio di pizza isolato o il cubo di focaccia, fa sia da Palco sia da Sipario. E quando il morso si chiude, tutto si amalgama, lasciando ad ogni elemento la propria parte di scena.

Bufala e Capasanta. Latte e Mare. Una capasanta nuda, adagiata su un cuscino di bufala, impreziosita da plancton marino e dal polline d’api. La risultante è sofisticata, densa, il profumo penetrante, ammorbidito al palato dalla dolcezza di pepite di cipria di api operose. Intese freschezze di mare e campagna.

Poi,Sgombro e Camomilla. Per me il “Boccone Manifesto” di un nuovo modo di leggere la pizza. E’ la vetta inattesa nel viaggio dell’esplorazione dei sensi su una zattera di pizza. Piccola e forte, apre nuovi panorami e nuove modalità espressive in contrasto con il gusto corrente, tra riflessi e riflessioni sul tema. Questa è avanguardia.

Arriva. Anzi plana. Probabilmente dallo Spazio.
Si poggia sul tavolo. È lì per farsi osservare. Magnetica. Enigmatica. Pizza?
Sembra sia lei ad osservare te.

La parola pizza qui non basta più, rivoluziona il pensiero tradizionale a lei legato.

Il suo drappeggio di gel di camomilla protegge uno sgombro marinato in acqua di rose e, coprendo la pizza – un’operazione davvero inedita – getta le trasparenti basi per costruire nuove strade spinte oltre il limite. Sotto il velo ci sono poi il Mascarpone artigianale, il Sedano e scorza di limone.

Il concetto di velo, di per sé diafano, ha come caratteristica preminente quella di ammorbidire, attraverso la sua trasparenza, i contorni di ciò che avvolge. Di velare e di svelare ciò che c’è sotto. 

Questa è una “Pizza Velata”, che copre e invita scoprire ciò che c’è sotto. Il Velo. Elemento di modificazione ed esaltazione dell’identità, quinta teatrale che separa la realtà vera da quella immaginaria. Effetto di virtuosità compositiva offerto dalla duttilità dei materiali resi protagonisti.

Quando ho chiesto a Francesco “quale fosse il processo creativo che lo ha condotto a velare una pizza”, mi ha risposo così.

Velare una pizza è un’operazione completamente insolita che non esiste, bisogna farlo con criterio. Io ho immaginato un lenzuolo, qualcosa di delicato, che desse armonia, non solo effetto ottico. Pensavo alla pizza con lo sgombro crudo marinato alle rose, il mascarpone artigianale, il sedano… ma non mi piaceva.

Volevo qualcosa che quietasse la mente, che rilassasse il palato dell’ospite di fronte a questa complessità entusiasmante; così la camomilla, che è tranquillità. Così il viaggio tra i ricordi di terra, mare e giardini. Ad esempio, chi non ha mai annusato una rosa? Questa è la mia idea di interazione tra me e il cliente.

E’ con questa portata che il termine “avanguardia” trova senso. il senso di uno spirito che “guarda avanti” e per farlo non può avvalersi dei mezzi tradizionali: abbandona le convenzioni e trova la propria forma espressiva, spesso ponendosi in aperto contrasto con le esperienze artistiche passate o vicine.

Lo step successivo? Migliorarsi, sempre. Questa è la mia ossessione.

Si ritorna sulla terra con Fior di latte, Cavolo rapa fermentato, Roquefort in cera d’api, Arancia fermentata e Menta. Una bella giostra di sapori che passa dalla dolcezza della rapa all’intensità del Roquefort, poi le punta agrumata e quella aromatica della menta sono il biglietto per il prossimo giro su Fior di latte, Prugna in osmosi all’amaretto di Saronno, Fondo Bruno di Cervo e Buccia di limone, un viaggio a piedi nudi nei regali parchi casertani, tra il vigore dei cervi, il profumo dei limoni, prugne mature, e qualche nota alcolica in leggerissimo sottofondo.

Io voglio comunicare con te quando vieni a mangiare una pizza.

Poi c’è l’orto, la terra, i campi coltivati, le sinfonie vegetali in due visioni: Pomodoro San Marzano cotto per 10 ore, Pomodoro del piennolo secco, crema di soia e pomodoro, Pelle di pomodorino corbarino, origano di montagna, aglio; e Pomodoro San Marzano cotto nello zucchero di canna, misticanza di campo, menta, origano fresco, hummus di rapa rossa, Mayo senza uova al cavolfiore, capperi croccanti: Eden vegetale dal tutti possono cogliere e assaporare i frutti.

Quanto e come sei cambiato negli anni?

Da quattro anni a questa parte, tantissimo. Il lavoro mi ha sigillato. Adesso ho trovato il mio equilibrio. Sono più concreto e questo cambiamento ha fatto in modo che tanto impegno portasse le prime grandi soddisfazioni e riconoscimenti.

Prima ero molto più severo, adesso sono esigente, è diverso. Essere così severo non portava a nulla: la pesantezza stanca ed è controproducente.

Cosa auguri a questo settore?

Altri 100mila Masanielli! Il Banco è il mio regno, forse un giorno dovrò abdicare, non sarà facile, ma adesso sono troppo focalizzato a fare al meglio la pizza. La vera fissazione è piacere sempre di più, sempre a più persone. Ma non ho l’arroganza di piacere per forza.

Quando arrivi ad un certo punto ti nutri di emozioni, ti nutri della contentezza delle persone. Ne vuoi sempre di più. I soldi sono una conseguenza.

A proposito, parliamo di Gestione del Successo e gestione del Lavoro.

Avere un ruolo e saperlo gestire, è fondamentale. Bisogna avere grande lealtà, magari prima non la sapevo esprimere. Adesso si.

Nonostante il successo, rimango sempre quel ragazzo che è uscito dal rione. Ho ancora il rito di andarmi a prendere il caffè con gli amici di vecchia data. Io sono fatto così perchè ho vissuto una vita complessa.

A 10 anni già lavoravo e ogni conquista, ogni avanzamento che mi veniva concesso, era per me una conquista. Ancora oggi per me è lo stesso.

Quando facevo 7/7 non ho mai pensato di essere sfruttato, era un investimento su me stesso. Ma erano altri tempi. Sono altre generazioni. E il punto non è quanto lavorare. Si può lavorare anche quattro ore, ma in quelle ore devi dare il massimo, devi fare la differenza. Questo è il punto.

Ricette complesse da pensare. Qual è il processo creativo? Da dove vengono le tue pizze delle tue pizze?

Dal mio spazio personale, dalla mia sensibilità. Ci sono dei momenti in cui devo stare da solo, per creare. Ogni mio menu è inedito. Sto lavorando su quello estivo. Non devo godere, devi stragodere. E non ho chef che mi aiutano. Altrimenti non potrei dire “questa è la mia pizza”.

Chiude con effetto sorpresa la Montanarina, Tartare di ventresca di tonno marinata al burro di Normandia, Mayo al wasabi e Tartufo nero pregiato. Forte l’impatto perchè arriva su un teschio, che è “cielo del corpo”, elemento di unione con l’origine e la terra,‭ ‬in un rapporto di consapevolezza verso l’avanzare del tempo.

Sulla sua sommità una montanara aperta, offerta, come un cibo che, dissociandosi dalla profonda simbologia classica, affronta un tema severo con il maggior sarcasmo possibile,‭ ‬come a sfidare la fine che, in verità, fine non è mai.‭ ‬

Infatti arrivano leggiadri i dolci di Lilia Colonna, cammei di mousse e pasta frolla; idee di rosmarino, olio EVO di Coratina, zucchero, sale, grano, e ancora Gruè di cacao, pere in osmosi e pralinati di nocciola, da mangiare con le mani nell’attesa dei prossimi punti di vista e sapori d’estate, di dolci e di pizza.

I Masanielli di Francesco Martucci

Viale Giulio Douhet, 11, 81100

Caserta CE

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