Si è concluso Food Exp, il forum internazionale di hospitality e noi abbiamo intervistato Giovanni Pizzolante, l’ideatore e il promotore dell’evento annuale per fare un bilancio della situazione attuale della ristorazione. Il risultato è stato un excursus sulle criticità d ella formazione, soprattutto riguardante la sala.
Giovanni Pizzolante è l’ideatore e organizzatore di Food Exp, il forum internazionale dell’hospitality e della ristorazione che si svolge ogni anno a Lecce per valorizzare e promuovere l’intero settore. Il comparto è uscito dalla pandemia con le ossa rotte ma da ogni situazione c’è sempre da imparare. Non sarà mai più come prima, si spera meglio di prima. I cuochi, maître, sommelier, ristoratori, bar e hospitality manager sono i supereroi del presente, a loro è stata dedicata quest’edizione della kermesse. “Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo” era solito affermare lo scrittore statunitense Leo Buscaglia.
“Il covid ha generato una situazione di emergenza come mai prima. Ci siamo impigriti. Quando abbiamo iniziato a percepire spiragli di luce si è venuto a creare un nuovo modello di crescita che ha prestato molta attenzione alla diversificazione e all’evoluzione del settore ristorativo e alberghiero” ha affermato Giovanni Pizzolante.
“Food Exp ha preso in esame alcune delle realtà che sono per tutti un punto di riferimento per motivare e stimolare il settore ancora scosso. Ad esempio il Geranium, 3 stelle Michelin a Copenaghen, ha creato un ristorante nel ristorante chiamato Angelika dove si preparano pasti a base vegetale. Il Noma, 3 stelle Michelin a Copenaghen, ha aperto un pop up store temporaneo nei giardini del ristorante per proporre cheesburger e un bicchiere di vino a prezzi modici ma di qualità. Pipero famoso per la sua carbonara ha messo su un catering per regalare al cliente l’emozione, l’atmosfera e le attenzioni di un ristorante stellato a casa propria. Tutti loro hanno dimostrato che si può creare valore aggiunto anche in un contesto di impasse”.
L’altro argomento cruciale, l’emergenza sala è stato affrontato con una parterre di professionisti tra cui Stefania Moroni del ristorante “Il luogo di Aimo e Nadia” e Candida D’Elia la responsabile alle relazioni esterne di Alma, la “Scuola internazionale di cucina”.
“Per il 60% degli addetti ai lavori il settore è considerato tal quale un’area di parcheggio per guadagnare qualcosa nell’attesa di trovare di meglio o di terminare gli studi – denuncia Pizzolante -. Non c’è aspettativa per il futuro. Il personale è già mediamente poco qualificato, lo stato delle cose è ulteriormente peggiorato. E’ il mestiere che ha sofferto di più e ha lasciato a casa molta gente che ha preferito fare altro. Ci troviamo davanti a un bivio, o la compagine imprenditoriale riconosce il valore delle risorse che operano nella struttura o rischiano di restere chiusi per l’assenza. Credo che l’istituto alberghiero dovrebbe cambiare la propria impostazione per diventare un liceo scientifico del settore turistico e approfondire materie come la chimica, la psicologia, l’italiano e le lingue straniere”.
Il dibattito e la condivisione di esperienze ha fatto emergere le difficoltà e le incongruenze. La selezione dei docenti negli istituti alberghieri forse dovrebbe essere più selettiva. Non tenere conto solo delle competenze teorico pratiche ma anche della capacità di espressione e conoscenza della lingua italiana. Il personale tecnico è equiparato agli insegnanti laureati, si occupa delle attività didattiche nei laboratori. Per insegnare è sufficiente essere inseriti nella graduatoria dei docenti di 3 fascia d’istituto. In Puglia la formazione del personale di sala e cucina è affidata in parello a numerosi enti accreditati che abilitano ma nulla di più. E’ una contraddizione? Di fatto la variegata offerta crea confusione e può succedere che le classi nelle scuole non si formino per carenza di studenti.
“Ho frequentato anche io l’alberghiero, so bene come funziona – sottolinea Giovanni Pinzolante -. Ho messo in evidenza tutte le incongruenze. Tranne poche eccezioni non esistono scuole davvero professionalizzanti. Food Exp è anche un tentativo di creare un luogo per facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro. Siamo ancora dormienti tanto ancora è necessario fare. La sfida è sollecitare e stuzzicare la sensibilità sul lavoro più bello del mondo, il cameriere”.