“Pepe in grani”, a Caiazzo (Caserta), è una scatola magica staccata dal tempo, un luogo antico, moderno, di viva bellezza, memorabili sapori vestiti dal piacere dell’accoglienza a tutto tondo. A questo antico palazzo in pietra del ‘700, oggi consacrato alle filosofie della pizza, si accede da uno stretto e scosceso vicolo.
E’ domenica. Piove. Sono le 16. Mentre scendo i gradini, scivolando, mi faccio largo tra un fiume di persone che, come salmoni controcorrente, continuano a risalire piano verso il Corso principale. Varco la soglia . Franco Pepe è impegnato a discutere di nuovi progetti sostenibili. Instancabile maestro artigiano, dopo avermi abbracciato, mi invita a sedermi a tavola; mi porta un “calzone alla scarola” fumante, mi versa l’acqua, la conversazione prende un altro ritmo: computer e macchina fotografica ora sono spenti; come lui ha deciso. Quei segnali per me sono chiari. Esplicitano una voglia di umanità, un racconto conviviale dell’uomo prima ancora del Maestro Pizzaiolo.
Da lì in poi è stato tutto un crescendo, un lungo e articolato racconto che ha toccato tutte le tappe di un’escalation di fama (e fame) di calibro mondiale, passando agilmente tra le considerazioni tinte d’amaro sulla moderna comunicazione, svoltando per la lucida edificazione di un “concetto di pizza” e per la stratificazione, anche strutturale, di un’offerta sempre più dettagliata e pensata per l’ospite, non per il cliente.
Un pensiero, quello di Franco sulla pizza, sempre più evolutivo e volto al benessere, un pizza che è ricerca e accoglienza, sempre più forma e contenuto, ambasciatrice di territori, di qualità senza compromessi e di scioglievoli emozioni impastate a mano.
Alle 18 andavo via, pioveva ancora.
La prima domanda la fa lui a me, in contropiede: “Come viene percepita la mia immagine fuori?”
Penso e rispondo. “La tua è un’immagine seria e solida. Io ti definirei il Professore o il Pensatore della Pizza. Perchè con te il “Concetto Pizza”, lo sguardo sulla pizza, ha trovato un’altra via di espressione, più intellettuale, più pensata, l’hai come nobilitata, senza sfarzi o forzature. Hai poi costruito questa casa per la pizza, hai destinato un luogo a ogni cosa, pensando all’occhio di chi sarà ospitato, al sapore che proverà chi avrà assaggiato, al panorama di chi guarda, ai materiali, alla musica, ai dettagli per chi osserva; hai pensato a ricreare una nuova comunità avvolgendola tra le mura di pietra viva di questo piccolo borgo. Una scommessa sul futuro.”
Ai Pizza Awards Italia 2019, assegnati al centro congressi La Nuvola di Roma lo scorso 11 novembre da una giuria di 200 giornalisti gastronomici, il tuo “Pepe in Grani” si conferma al vertice del movimento pizzaiolo italiano conquistando ben 4 premi. Sei Ambasciatore del Gusto, primo al mondo sulla guida Where to Eat Pizza nel 2016, e per i successivi tre anni al vertice della 50 Top Pizza, e la lista di riconoscimenti è ancora lunga: chi è oggi Franco Pepe? Il successo ti ha cambiato?
“Io non mi aspettavo quello che è successo. Quello che esce fuori è il lavoro che faccio, ma io sono rimasto Franco Pepe che hai conosciuto sette anni fa. L’evoluzione del prodotto è cambiata, le idee di Franco Pepe sono cambiate, ma Franco Pepe è rimasto lo stesso. Per esempio, a Caiazzo ogni mercoledì c’è il mercato e c’è un banco dove andavo a comprare quando non avevo molti soldi; ecco, ogni mercoledì io ancora oggi vado a comprare qualcosa da quei ragazzi, ci prendiamo il caffè. E’ un gesto che mi riporta indietro, e ritrovo me stesso. Ho bisogno di quei momenti, dei profumi di una volta.”
(Si ferma e riprende) “A volte faccio fatica, la comunicazione ha svolto un ruolo forte nell’evoluzione del prodotto pizza, ma non deve essere tutto. Io, quando lavoravo con papà, ricordo che nessuno faceva recensioni sulle pizzerie. Tutto questo non esisteva. Ancora oggi preferisco che sia il cliente a dirmi cosa pensa della mia pizza prima o dopo aver pagato il conto.”
Cos’è successo poi?
“Il primo a parlare di me fu Veronelli per le Cantine Terre del Principe, mi chiese una pizza da abbinare e io decisi per il calzone alla scarola, il calzone di papà (qui la sua voce flette emotivamente). Dopo 20 giorni mi chiamarono da Verona (si riferisce al Vinitaly) perchè c’erano 3 pagine su di me. Da lì è iniziato il mio percorso.
Melizzano con Cortese e i pizzaioli, 2014 Jonathan Gold (Premio Pulitzer al giornalismo gastronomico nel 2007, leggendario food writer, recentemente scomparso) che stava seduto lì (e indica un angolo). Mi chiama Faith e mi dice che è un Premio Pulitzer. Lui ha scritto per 3 giorni, un tipo chiuso, se ne stava lì, ordinava e scriveva, ha pagato, è andato via, poi scrisse: “forse ho mangiato la miglior pizza del mondo”; da lì sono arrivati gli americani. E poi Daniel Young. Io venivo da un evento con Nino Di Costanzo, ed ero con Luciano Furia. Lo incontrammo tardi. Mi disse, “abbiamo fatto a 1100 esperti la stessa domanda, tu sei stato il più votato, la tua è la migliore pizza del mondo”.
Cito, per onore di cronaca; tratto da Where To Eat Pizza (Daniel Young, Phaidon, Aprile 2016): “Franco Pepe is the great artisan of Italian pizza. His hands give life to a fluffy, spongy and light dough. The texture is a real work of art and the ingredients are of the highest quality. It results in a perfect pizza that’s tasty and easy to digest.”
Si sono accesi riflettori. E innescate tutte le conseguenze.
“Si è creata una crisi. Dopo questi anni oggi noto una cosa. Nell’ambiente pizza si è modificata, si è perso qualcosa. Non ci si chiama più per dirsi andiamo a provare un pomodoro. La pizza è stata scippata al pizzaiolo, la comunicazione è pressante. Nessuno è più libero di sbagliare. La pretesa è altissima. Io non mi posso permettere di sbagliare una pizza. Io non voglio essere né primo né secondo. Io voglio essere il pizzaiolo dei miei ospiti. Sono arrivato perchè ho lavorato, abbiamo lavorato, e siamo stati ripagati io, i miei figli. Non ho mai pagato nessuno per un articolo, questa è la mia casa, la offro a chi voglio, agli amici. Le mie parole sono nei piatti. I tributi alla mia margherita sbagliata mi arrivano da tutto il mondo ed è bellissimo. Oggi manca la vera condivisione tra noi pizzaioli campani. Questo per me è un gran dispiacere.”
Come ti difendi?
“Devi sapere che dopo le premiazioni, per far sì che nessuno potesse dire che le classifiche aumentino il fatturato, ho diminuito di 100 unità le prenotazioni. Io ho iniziato con 7 ragazzi, oggi ne ho 42 solo qui. Lavoro sul mio blend di farine anche di domenica. Ho chiesto quanti coperti devo fare?, poi ho tirato una linea perché devo salvaguardare me stesso. E pensare all’ospite. E continuare a creare, a studiare.”
Ci alziamo e mi porta in tour. Il nuovo dehor è una compenetrazione tra esterno e interno. Si ha la sensazione di mangiare all’aperto, con la grande vetrata verso le valli caiatine. Poi ancora su, salendo, la nuova Sala Belvedere, per la bella stagione o per un chiaro di luna. Le camere, l’arredamento caldo ed essenziale, la Sala Degustazione e “il Tavolo vista forno, il più gettonato”; circolare, con un vetro nel centro che guarda dritto la bocca del forno. Poi l’ultima stella, Authentica.
Ricavata nell’ultimo ambiente a disposizione del palazzetto, si presenta con un unico tavolo per 8 persone, un banco di lavoro per il pizzaiolo e un forno. Uno schermo, oggetti personali e vari, ognuno con una storia, e una grande foto in bianco e nero in pizzeria con papà. Parte Diana Krall in sottofondo. Parlami di lei.
“Qui c’è Tutto quello che può servire in una pizzeria di 8 persone. Io voglio far passare questo concetto. E non è quello che di trasformare la pizzeria in una pizzeria “stellata” authentica, è che questo è un luogo di Franco. Dove racconto me stesso. E vivo l’evoluzione di un’offerta al cliente che va dalla pizza al libretto, passa per le degustazioni, e arriva fino ad Authentica e alle collaborazioni con le stelle della cucina. L’offerta, l’ esperienza è diversa, l’impasto è lo stesso per tutti: è questa l’evoluzione.”
Come si può essere uno degli otto? Che succede durante la serata?
“Il cliente ci manda le sue preferenze, poi siamo noi che assembliamo il tavolo di Authentica che è un vero tavolo autentico, io qui mi spoglio di tutto, qui c’è il vero pizzaiolo Franco Pepe, quando tu ti alzerai di lì conoscerai Franco Pepe. Sono tre ore in cui io mi racconto. Oggi esiste tanta comunicazione superflua, qui non esistono mediazioni, esisto solo io, un forno, la pizza e loro. Questo è un tavolo vero. In cui io mi racconto senza filtri. E’ una grande sfida, non so mai chi siederà al mio tavolo e quali sono le domande che mi faranno.”
Comunicare la completezza di un progetto attraverso se stessi e gli altri. E Authentica Stellata è lo step successivo?
“Authentica Stellata è un progetto che ho ideato e fortemente voluto per vivere e raccontare l’arte della pizza in modo inedito, esclusivo. Da quando è nata, nel dicembre 2017, Authentica ha catturato l’attenzione dei miei amici chef. La prima serata sarà il 30 Novembre con Nino Di Costanzo, pura creatività e divertimento, preludio di una lunga serie indimenticabili serate. Da questo fine novembre 2019 infatti arriveranno in Authentica i più importanti amici chef italiani e internazionali, che si alterneranno con me al banco della pizzeria più piccola del mondo per un’esperienza unica. Ci saranno Chicco Cerea, Antonino Cannavacciuolo, Heinz Beck, Pino Cuttaia, Moreno Cedroni, Don Alfonso Iaccarino; la lista è lunghissima (qui per conoscerla).
La tua ricerca e voglia di sperimentare non si ferma. Ho letto del menu funzionale, in cosa consiste e da dove parte lo studio?
Offerta e ricerca. Ho lavorato in team con una biologa nutrizionista, la Dott.ssa Michelina Petrazzuoli. Il menu funzionale è a disposizione di ogni cliente, è basato sulla dieta mediterranea e sul concetto che una pizza non si possa mangiare più di una volta a settimana senza problemi. Quindi abbiamo fatto una selezione, scomposto la pizza, esaminato ogni aspetto nutrizionale e nutritivo. Abbiamo ridotto i carboidrati del panetto, bilanciandoli con lipidi e proteine e rapporti nutraceutici, calcolando anche che il calore della pizza riduce i valori nutrizionali delle erbe spontanee dei condimenti. Abbiamo riportato le tabella dei valori, gli apporti calorici, gli allergeni e gli abbinamenti consigliati. Tutti i miei studi sono nei miei piatti di tutti i miei clienti. La pizzeria è un luogo per tutti.
E il cornicione?
“Ecco. Cornicione, canotto sì, canotto no, io mi sono messo in discussione guardando il problema da un’altra angolazione, e facendo una riflessione: il cornicione sono solo carboidrati con il rischio dell’innalzamento dell’indice glicemico, spesso vengono lasciati nel piatto, come possiamo diminuire i cornicioni buttati? Quindi abbiamo creato un dressing nostrano che va a riequilibrare i carboidrati del cornicione. E scompaiono i cornicioni!”
Cornicione funzionale. L’evoluzione della scarpetta legittimata dalle regole stesse dell’alimentazione. Geniale. Dico io. “Questo è un valore aggiunto a tutto il percorso che ho fatto con la pizza.” Dice Lui.
Parliamo di “sperimentazione sul sapore”. Nel segno del fusion, del multiculturalismo gastronomico e del gourmet tutto è permesso, purché si rispettino i canoni della qualità e del sapore. Pollo, ananas, fantascienza per i puristi del genere, c’è una pizza che ti sei stupito di fare e pensare?
“Pollo e patate”. Che è una pizza per me, che non metterò in menu. Mi piace il pollo al forno con le patate. L’ho pensata per riportarne il sapore e piacevolezza sulla pizza. Una base di crema di cipolle di Alife, quenelle fredda di pollo al forno disossato, un pizzico di peperoncino, patate croccanti e rosmarino fresco.
Suprema. Io adoro il pollo. E l’ananas?
“Quella è stata una sfida, ci ho pensato, riflettuto, ho cercato di capire come potesse esistere su una pizza, magari giocando sulle acidità. Poi l’ho fatta ma non te la dico, la devi tornare ad assaggiare.”
To be continued…
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